La gravidanza e l’arrivo di un figlio comportano grandi cambiamenti sul piano fisico ed emotivo: aumento di responsabilità, emozioni contrastanti. È un periodo molto delicato perché richiede un riadattamento della vita personale, di coppia e familiare. Per tale ragione, nonostante il figlio sia amato e desiderato, questa fase porta con sé aspetti emotivi che possono essere difficili da gestire. La consulenza psicologica durante la gravidanza svolge la funzione di accompagnare la futura mamma nel percorso di una elaborazione ed accettazione del proprio cambiamento psicofisico. È importante stimolare la gestante a riflettere sui cambiamenti psicologici relativi al suo rapporto con il partner, il passaggio di ruolo da figlia a madre e più in generale con tutto l’ambiente sociale che la circonda. A livello clinico il supporto psicologico prima del parto ha un grande valore in termini di prevenzione e consiste nel saper individuare problematiche psichiche di varia natura, da uno stato di ansia ad una forma depressiva significativa. La consulenza psicologica nel post partum assume una finalità legata alla relazione con il neonato e alla capacità di gestire le sue attività quotidiane (allattamento, nanna…).
Il “progetto “mamme in…testa” offre percorsi personalizzati di terapia cognitivo-comportamentale, specificatamente pensati per le mamme in attesa e le neomamme, al fine di fornire uno spazio di riflessione e strategie di gestione adeguate, con l’obiettivo di accompagnare la futura mamma in quello che possiamo definire un processo dinamico fisico, psicologico, affettivo e relazionale.
Problematiche e possibili patologie legate alla gravidanza:
Perfezionismo
Si possono sperimentare pensieri ricorrenti sul non essere “abbastanza brave” come madri e una costante ricerca orientata al fare le cose “giuste”. Le neo-madri possono pensare di non accudire abbastanza bene il proprio bambino, arrivando a pretendere troppo da se stesse, credendo che solo essendo madri “perfette” potranno essere “brave” madri. Il costante tentativo di raggiungere questi standard di accudimento eccessivi, si può associare ad una autocritica feroce: e anche se si raggiungono risultati di dedizione eccellenti, questi non saranno mai abbastanza. L’attenzione può infatti focalizzarsi solo sugli errori, che non sono tollerati: le madri possono interpretare erroneamente i segnali emessi dal bimbo e interpretarli come conferma della propria incapacità a prendersene cura adeguatamente; possono essere terrorizzate dalle critiche, percepirsi come “fallite; avere dubbi eccessivi sulle cose da fare e le decisioni da prendere; dare importanza eccessiva all’organizzazione, con ripercussioni importanti sul modo di vivere la propria quotidianità; all’opposto, possono scegliere di evitare certe situazioni, perché non in grado di gestirle “sufficientemente bene”, fino a delegare la cura del proprio bambino ad altri. A tutto questo si possono associare altre difficoltà emotive e psicologiche con ansia, oscillazioni dell’umore, insoddisfazione, frustrazione e rabbia fino a veri e propri disturbi di tipo ansioso, depressivo, alimentare, ossessivo-compulsivo.
Baby blues
Il percorso che porta al concepimento di un figlio e, soprattutto, il momento del parto e la nuova avventura nelle vesti di “mamma”, possono rivelarsi particolarmente impegnativi e faticosi per alcune donne, rappresentando per una discreta percentuale di queste, l’inizio di un periodo caratterizzato da sintomi depressivi.
Un’altissima percentuale di neomamme presenta il cosiddetto baby blues, un disturbo transitorio di breve durata, che solitamente interessa la prima settimana dopo il parto e che non va confuso con la depressione post-partum; il baby blues (“blues” è da intendersi come “malinconia”) può essere considerato una reazione negativa caratterizzata da un’indefinibile sensazione di malinconia, tristezza, irritabilità ed inquietudine, che raggiunge il picco solitamente 3-4 giorni dopo il parto, ma che tende a svanire almeno nella maggior parte dei casi, entro e non oltre i 10-15 giorni dalla parto.
L’insorgenza del baby blues è, infatti, fisiologica poiché è direttamente conseguente al drastico cambiamento ormonale nelle ore successive al parto (crollo degli estrogeni e del progesterone) e alla spossatezza fisica e mentale dovuta al travaglio e al parto.
Ben più intensi e duraturi dei sintomi del baby blues sono invece quelli della vera e propria depressione post-partum, un disturbo da non sottovalutare e che può presentare diversi livelli di gravità.
Spesso le neomamme provano vergogna o imbarazzo nel confidare questo malessere agli altri, persino ai propri partner e alle persone di famiglia, ma proprio la chiusura e l’isolamento risultano essere gli atteggiamenti più sbagliati e controproducenti. “Brave mamme” non si nasce, ma si può diventare, ognuna con i propri limiti e le proprie risorse; è fondamentale non aver paura di chiedere aiuto, ma anzi confrontarsi con altre mamme, non limitare eccessivamente la propria vita sociale e lasciarsi aiutare.
Ossessioni e compulsioni
È naturale avere pensieri e dubbi relativi alle proprie capacità come genitori e all’incolumità del proprio bambino. È possibile tuttavia che questi diventino ricorrenti, che facciano sperimentare un intenso timore di poter perdere il controllo, o che abbiano ripercussioni eccessive sulla propria vita in termini di comportamenti e conseguenze emotive.
Si possono presentare pensieri ossessivi relativi alla salute del proprio bambino, alla pulizia degli ambienti o alla preparazione del cibo; pensieri relativi al timore di poter far del male o danneggiare il proprio figlio, fino ad arrivare alla paura di perdere il controllo.
Tutto questo ha anche importanti ripercussioni sul piano emotivo: l’umore infatti può risentirne fino a sviluppare veri e propri sintomi depressivi.
Il supporto psicologico nella procreazione medicalmente assistita (PMA)
Affrontare una difficoltà procreativa significa sperimentare diversi problemi a livello psicologico e sessuologico: la diagnosi d’infertilità, l’insuccesso delle terapie, i continui fallimenti nel concepire e l’impossibilità di ricoprire il ruolo di genitori hanno un impatto negativo sulla relazione di coppia. È importante per i pazienti comprendere l’iter terapeutico delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), il senso che ha per loro il sottoporsi ai vari esami, la fatica e l’imbarazzo di dover condividere con l’esterno argomenti privati legati ad una sfera intima e delicata. Questo permette l’acquisizione di strumenti per affrontare le possibili difficoltà che si possono presentare durante il trattamento. Durante la PMA vi è una quota di emotività che resta sommersa salvo poi emergere nei momenti critici, creando situazioni di difficile gestione. La possibilità di esplorare i propri vissuti emozionali e riconoscerli come normali, permette un più consapevole atteggiamento nei confronti della terapia e dei medici, una responsabilizzazione del paziente che lo renda più partecipe al suo percorso di cura e uno strumento per affrontare gli eventuali fallimenti, favorendo anche la relazione terapeutica con tutta l’equipe curante e minimizzando l’impatto degli eventi medici (frequenti visite, ecografie, esami clinici, trattamenti di PMA) e fisici (derivanti dall’assunzione dei farmaci utilizzati per l’induzione farmacologica dell’ovulazione e da esiti di interventi chirurgici).
L’esigenza di un’informazione accurata e di un sostegno psicologico emerge ancor di più nei casi di inseminazione artificiale eterologa, in cui le emozioni conflittuali si moltiplicano in relazione all’inserimento, nel processo generativo, di un donatore esterno.
Disturbi alimentari e gravidanza
Nei nove mesi di gestazione, e nel periodo seguente alla nascita del bambino, la donna si trova a fare i conti col proprio corpo che progressivamente si trasforma. Quanto più veloci e intensi sono i cambiamenti, tanto più possono rappresentare dei fattori di vulnerabilità nel processo di elaborazione dell’immagine corporea.
Particolarmente delicato il periodo del post partum, quando la neomamma si ritrova con una forma fisica cambiata ed ha il timore che di non recuperare la condizione fisica antecedente la gravidanza. È possibile quindi che le preoccupazioni riguardo al peso e alla forma del corpo diventino eccessive fino a sfociare in un Disturbo dell’Alimentazione e della Nutrizione.
Ansia in gravidanza
La gravidanza, in quanto importante fase di transizione e cambiamento, può implicare un incremento nei livelli di ansia. Questo può derivare da preoccupazioni relative agli esami, all’anticipazione del dolore, alla salute del piccolo, ai cambiamenti fisici, al timore di essere fisicamente o psicologicamente inadeguate. Oltre a questo, anche dalla presenza di un parto precedente con complicazioni, da scarsa fiducia nello staff di assistenza, dalle paure di morire e del dolore. Per alcune donne la prima fase è quella più a rischio per sperimentare intensi livelli di ansia, mentre per altre l’ultima, quando ci si avvicina al parto.
Gravidanza e post-parto possono anche configurarsi come eventi a rischio per l’esordio di disturbi d’ansia di vario genere (generalizzata, panico, agorafobia…) mai sperimentati in precedenza. Le pazienti che hanno sviluppato un disturbo di panico durante la gravidanza per la prima volta avrebbero inoltre maggiori probabilità di svilupparlo nuovamente durante una eventuale seconda gravidanza.
Le conseguenze della presenza di livelli eccessivi di ansia in gravidanza possono essere diverse e riguardano sia il benessere della donna che del bambino, oltre che l’andamento di travaglio e parto: maggiori richieste e accessi alle visite mediche e ostetriche; incremento del tono muscolare e della percezione del dolore; aumento del rischio di avere complicanze al travaglio e al parto e di un parto pretermine; alterazione dei livelli di vitalità del neonato; minor peso alla nascita; alterazioni del sonno, problemi comportamentali ed emozionali; difficoltà nell’instaurarsi di una relazione madre-figlio adeguata; livelli elevati di rabbia nella madre e abbassamento del tono dell’umore, con aumento del rischio di depressione; paura per successive gravidanze e ripercussioni sulla qualità della vita sessuale col partner.
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