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Il mito del “maschio alpha”: un uomo che non esiste

Mito del maschio alpha

La nascita di un mito

Il termine “maschio alpha” nasce nel 1947 in ambito etologico dalle osservazioni del comportamento di gruppi di lupi in cattività (Schenkel, 1947). In particolare, si riferiva al maschio che in tali gruppi ricopriva la posizione più alta nella gerarchia sociale.

Il termine “maschio alpha” è stato poi reso popolare da Frans de Waal, famoso biologo e primatologo, che lo utilizzò nei suoi primi scritti riguardanti il comportamento sociale degli scimpanzè (de Wall, 1982).

Egli si riferiva all’individuo, non al maschio, alpha come quell’individuo del gruppo che tra gli scimpanzè aveva maggior accesso a risorse e veniva rispettato come leader del gruppo.

Il “vero” uomo

Già durante gli anni ’80 e ’90, il termine “maschio alpha” inizia ad essere associato a caratteristiche come la forza fisica, il potere e l’aggressività. L’immagine restituita dai media è quella di un uomo temuto e rispettato che utilizza l’intimidazione e la scaltrezza per acquisire favori, risorse e successo.

Il dato di realtà, tuttavia, evidenzia un quadro molto diverso.

In primo luogo, come ha specificato lo stesso de Waal in una recente intervista, il “maschio alpha” è l’individuo maschio più alto nella gerarchia sociale del gruppo. Ciò ha poco a che vedere con il grado di aggressività individuale.

È un errore considerare esclusivamente la possanza fisica nel determinare se un individuo è un individuo alpha. In varie specie animali l’individuo alpha non è necessariamente di sesso maschile, spesso tale ruolo è ricoperto da individui di sesso femminile.

Inoltre, è necessario sottolineare che sul piano fisico, nella specie umana, le differenze tra maschi e femmine sono di entità modesta se confrontate al dimorfismo sessuale di altre specie (Larsen, 2003).

Pertanto, gli aspetti fisici non risultano un fattore discriminante nel determinare la posizione nella gerarchia sociale.

Vige la democrazia

Sfatato il mito della forza come elemento cardine per essere degli “alpha”, si aggiunge un ulteriore aspetto da considerare. Un individuo può desiderare fortemente di essere “alpha”, ma tale posizione non è né ereditaria né spettante di diritto.

È il gruppo che individua, determina e riconosce la posizione di leader ad una persona.

Più l’individuo ha capacità prosociali e doti di empatia più sarà riconosciuto come punto di riferimento per il gruppo (Haeley et al., 2008).

La compassione come fattore di leadership

In natura, anche laddove esistano, i “maschi alpha” solitamente non basano il loro operato né sull’intimidazione né sulla coercizione, al contrario mostrano comportamenti altamente prosociali.

Proteggono i deboli del gruppo, interrompono le liti e i conflitti, hanno alti livelli di empatia e cura del prossimo.

La compassione e la cooperazione sembrano essere elementi chiave per ottenere uno status sociale più alto tanto quanto, se non più, che l’utilizzo dell’aggressione e dell’intimidazione.

Dominanza e prestigio

In effetti, nella nostra specie, il raggiungimento dello status sociale elevato e dei vantaggi che ne derivano, può essere ottenuto attraverso due grandi modalità: il dominio e il prestigio (Henrich & Gil-White, 2001).

Il dominio sull’altro è esercitato attraverso intimidazioni, minacce e coercizione. Si caratterizza per aspetti di arroganza, presunzione, comportamenti antisociali e relazioni instabili.

Al contrario, gli individui di prestigio presentano livelli più bassi di aggressività e livelli più elevati di autostima genuina, accettazione sociale, gradevolezza e capacità di mediazione.

La via del prestigio si caratterizza per la capacità di mediazione e cooperazione.

La dominanza permette di ottenere lo status, ma costringe a dover difendere la propria posizione dagli oppositori. Questo mantiene alti i livelli di minaccia, allarme e ansia. Il prestigio, invece, favorisce le relazioni sociali e garantisce uno status stabile e duraturo all’interno del gruppo.

Un altro mito da sfatare: il “maschio alpha” è più attraente

Già durante la seconda metà degli anni ’90 la letteratura iniziò ad interrogarsi se il dominio e l’aggressività fossero davvero degli elementi di attrazione.

Jensen-Campbell e colleghi (1995) evidenziarono come aspetti dominanti non avessero nessuna influenza sul livello di attraenza di un uomo se non quando uniti a alti livelli di piacevolezza caratteriale.

Pochi anni dopo, in uno studio condotto da Burger e Cosby (1999), emerse come la dimensione dominanza-sottomissione fosse estremamente limitata nel cogliere i fattori che rendevano attraente un uomo agli occhi di una donna.

I risultati evidenziarono che gli aggettivi maggiormente associati all’attraenza erano sicuro, assertivo, tranquillo e sensibile. Nessuna donna indicava come attraente un uomo esigente e aggressivo.

Recentemente, Snyder e colleghi (2008) hanno sottolineato come la dominanza in senso stretto sarebbe attraente solo nel contesto di conflitti tra maschi (competizioni atletiche). Mentre in altri contesti, come in relazioni amicali o romantiche, risulta non desiderabile.

La ricerca indica come l’uomo più desiderabile non sia l'”uomo alfa”.

L’uomo ideale, con tutti i limiti che una etichetta simile comporta, è un uomo assertivo, sicuro di sé, disinvolto e sensibile. Ha bassi livelli di aggressività, non è esigente né dominante.

Il lavoro su se stessi

Concludendo, l’etichetta di “maschio alpha” è un mito che non è supportato da nessun serio lavoro scientifico (è stato smentito persino nello studio dei lupi) e, pertanto, dovrebbe cadere in disuso.

La compassione, l’empatia, l’assertività e l’acquisizione di abilità sono gli ingredienti che rendono la persona più attraente. In definitiva, sono le stesse qualità che favoriscono il benessere psicologico e una vita piena e di significato.

Bibliografia

  • Burger, J. M., & Cosby, M. (1999). Do Women Prefer Dominant Men? The Case of the Missing Control Condition. Journal of Research in Personality, 33(3), 358–368. https://doi.org/10.1006/jrpe.1999.2252
  • Hawley, P. H., Little, T. D., & Card, N. A. (2008). The myth of the alpha male: A new look at dominance-related beliefs and behaviors among adolescent males and females. International Journal of Behavioral Development, 32(1), 76–88. https://doi.org/10.1177/0165025407084054
  • Jensen-Campbell, L. A., Graziano, W. G., & West, S. G. (1995). Dominance, prosocial orientation, and female preferences: Do nice guys really finish last? Journal of Personality and Social Psychology, 68(3), 427–440. https://doi.org/10.1037/0022-3514.68.3.427
  • Larsen, C. S. (2003). Equality for the sexes in human evolution? Early hominid sexual dimorphism and implications for mating systems and social behavior. Proceedings of the National Academy of Sciences, 100(16), 9103–9104. https://doi.org/10.1073/pnas.1633678100
  • Schenkel, R. (1947). Expression studies on wolves: Captivity Observations.
  • Snyder, J. K., Kirkpatrick, L. A., & Barrett, H. C. (2008). The dominance dilemma: Do women really prefer dominant mates? Personal Relationships, 15(4), 425–444. https://doi.org/10.1111/j.1475-6811.2008.00208.x

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Contrassegnato con: coppia, personalità

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Autore dell’articolo

Dott. Duccio Baroni

Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Dottore di ricerca in Scienze Cliniche, da anni si interessa ai disturbi della sfera dell ansia sociale sia sul piano clinico che di ricerca.
Autore di numerosi articoli scientifici, ha perfezionato la propria esperienza clinica presso l'Istituto IPSICO di Firenze dove si occupa di disturbi della personalità e della coppia. Membro del Centro d Eccellenza per i Disturbi d'Ansia Sociale (CEDAS); socio professionista dell Associazione Italiana Disturbi dell Ansia Sociale (AIDAS) e della Società Italiana per la Schema Therapy (SIST). Lavora come psicologo sia a Firenze che a Prato. Profilo linkedin

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