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Istrione: dal teatro alla psicopatologia

istrione

Cantava Charles Aznavour: “Sono un istrione..ma la genialità è nata insieme a me…”.  A volte accade  che il tema dell’“istrionico” non si trasforma in musica – utilizzare il termine arte nel brano musicale sopra citato mi pare eccessivo – e viene incluso nell’ambito della patologia.

Cosa caratterizza il disturbo istrionico di personalità, affascinante nel termine ma intensa fonte di disagio per i soggetti che ne soffrono e per chi deve, a vario titolo, interagire con essi?

Sicuramente nel soggetto istrione a livello interpersonale emerge  un’emotività intensa –  spesso “disregolata “, caratteristica che comunque appartiene anche  a molte altre problematiche personologiche –  esternata con modalità teatrali (questo elemento è il  più caratteristico del disturbo istrionico e ne giustifica il nome) e costanti tentativi di ottenere attenzione, approvazione e sostegno da parte degli altri. Vengono impiegate per questo fine  condotte seduttive più o meno esplicite e comunque inadeguate al contesto.

Il tipo istrione viene riscontrato con maggiore frequenza nel sesso femminile ma in realtà è presente anche tra gli uomini in una percentuale non trascurabile: un uomo ed una donna con disturbo istrionico possono rispettivamente rappresentare caricature  della mascolinità (“machismo” e dongiovannismo) e della femminilità (una “femme fatale”, super-emotiva ed estremamente curata dal punto di vista estetico).

Il nucleo centrale dell’istrione, a livello relazionale, riguarda la continua ricerca dell’essere al centro dell’attenzione e l’estremo disagio quando ciò non accade: pur di raggiungere lo scopo di essere considerati e suscitare l’interesse dell’altro i soggetti istrionici si narrano esagerando episodi di vita, inventando delle storie non accadute, o comunque poco verosimili,  presentate come reali e colorando il tutto con un livello estremo di drammatizzazione teatrale o seduttiva. Inizialmente l’istrione può suscitare nell’ascoltatore addirittura curiosità e fascino.

L’elemento nucleare dell’istrionico è il focalizzare l’attenzione sull’attivare l’interesse dell’altro verso sé a scapito della decodifica delle proprie esperienze interne: si considera in funzione degli altri sperimentando un senso di  fragilità della propria identità. E’ proprio questa fragilità che l’istrionico cerca di mascherare con  un’espressività emotiva allo stesso tempo drammatica e fatua,  considerando le relazioni come più intime di quanto non siano (in realtà la difficoltà consiste proprio nel raggiungere all’interno di una relazione un’autentica intimità emotiva). I

l dipendere dall’altrui attenzione porta il soggetto istrione ad essere particolarmente sensibile ai rifiuti e alle separazioni non decise da lui. Può accadere che l’istrionico pur di evitare l’interruzione di un rapporto possa ricorrere a gesti estremi finalizzati ad attirare l’altrui attenzione arrivando a compiere atti autolesionistici o tentativi di suicidio dimostrativi.

Un ulteriore elemento che si riscontra è l’alta suggestionabilità di tali soggetti: le opinioni e i sentimenti possono essere facilmente influenzati da credenze e stati d’animo altrui o da impressioni ed entusiasmi del momento. Per fare un esempio  gli interessi personali o lo schema di valori possono variare in base ai valori e degli interessi del partner del momento.

L’istrione può mostrarsi intollerante alle frustrazioni  e soggetto a frequenti stati di  noia: per tale ragione è propenso a cercare gratificazioni immediate ai propri bisogni o stimolazioni di particolare intensità emotiva.  Spesso chi ha un disturbo istrionico è intensamente preoccupato del proprio aspetto fisico – proprio in quanto strumento per attirare l’attenzione – mostrandosi particolarmente turbato in caso di critiche e disposto a molti sforzi per prendersene cura, fino a mostrare sintomi di dismorfofobia o disturbi alimentari.

Il perché del disturbo istrionico ancora non è noto, come accade per gli altri disturbi di personalità. L’ipotesi più verosimile è che ci sia una concomitanza di fattori: dal punto di vista biologico è stato osservato, alla base, un insieme di tratti temperamentali “innati” caratterizzati da  ipersensibilità e tendenza alla ricerca esterna di gratificazioni.

Dal punto di vista psicosociale si osserva tra le  persone che hanno sviluppato un disturbo istrionico l’aver sperimentato nell’infanzia difficoltà nella soddisfazione dei  legittimi bisogni di attenzione e cure. In alcuni casi i soggetti  sono stati apprezzati dalle figure genitoriali  per il loro aspetto e per le loro doti di intrattenitori, piuttosto che per il loro modo di essere, apprendendo l’idea, che si mostrerà disfunzionale nel tempo e fonte di grande sofferenza, che, per soddisfare i propri bisogni affettivi e formulare richieste,  bisogna impiegare l’aspetto fisico e la seduttività comportandosi così da istrione. In altre situazioni osserviamo soggetti che nell’infanzia hanno ricevuto attenzioni e cure solo quando ammalati, imparando così a ricercare accudimento solo attraverso le lamentele fisiche. Cosa ne consegue?

Gli istrionici, mettendo in atto continuamente strategie manipolative,  arrivano a compromettere le loro relazioni sentimentali, sociali e professionali creando i presupposti per la comparsa di altri quadri psicopatologici. Le modalità teatrali  possono  indurre gli altri a considerarli superficiali e non autentici e ad attivare risposte diffidenti o svalutanti. Le drammatiche richieste di aiuto e di eccessivo accudimento , attivate quando si ha la sensazione di non essere considerati o di dover affrontare le difficoltà della vita senza il supporto desiderato, possono condurre all’allontanamento delle persone ritenute significative. L’eccessiva seduttività  può venir percepita da persone dello stesso sesso come minacciosa per il proprio rapporto di coppia  e attivare schemi agonistici di competitività o distanza nella relazione. In ambito lavorativo questa condotta può risultare inadeguata e attivare sentimenti, rivolti al soggetto istrionico, di scarsa considerazione e svalutazione sul piano professionale.

Come accade nei disturbi di personalità, anche l’istrionico è difficile che chieda aiuto per il proprio disturbo, di cui nella stragrande maggioranza dei casi non ne ha consapevolezza. Spesso si chiede un trattamento per disturbi dell’umore o stati d’ansia che insorgono a seguito delle notevoli difficoltà incontrate nel percorso di vita. Quando questi sintomi risultano particolarmente invalidanti si può ricorrere alla terapia farmacologica che comunque non può prescindere da un trattamento psicoterapico.

Nel campo della terapia cognitivo-comportamentale sono stati realizzati alcuni programmi di trattamento per i disturbi di personalità. Il modello di Beck e Freeman si focalizza sul riconoscimento e sulla messa in discussione delle credenze disfunzionali su di sé, sugli altri e sul mondo. Queste credenze sarebbero generate da distorsioni della realtà (distorsioni cognitive) e costituirebbero gli schemi cognitivi (strutture cognitive di base che permettono di organizzare l’esperienza ed il comportamento).

Nel caso della terapia del disturbo istrionico, il paziente viene aiutato ad individuare le proprie emozioni, i pensieri e gli eventi a cui questi sono correlati, ipotizzando una  difficoltà del soggetto nell’attuare queste operazioni. Questo lavoro, unitamente alla valutazione delle conseguenze delle proprie azioni, aiuterebbe il paziente ad abbassare la propria impulsività disfunzionale. In un secondo momento  il terapeuta collabora col paziente al fine di analizzare e modificare le credenze centrali disfunzionali del tipo: “Sono incapace a gestire la mia vita”, “Si ha valore se si è  amato da tutti ”, “Perdere una relazione è un dramma al quale non c’è rimedio”.

La convinzione  di essere incapaci a prendersi cura di sé porterebbe il soggetto istrione a ricercare costantemente attenzione e cure da parte degli altri. Ritenere che l’interruzione di un rapporto affettivo possa essere disastroso spingerebbe le persone istrioniche a non chiudere rapporti insoddisfacenti e inautentici  alimentando il senso di incapacità a farcela da soli e la sensazione di inautenticità. Si cerca di modificare tali credenze impiegando  diverse tecniche tra cui tecniche immaginative, esperimenti comportamentali, esercizi di assertività o di problem solving che migliorano nel paziente  il senso di auto-efficacia.

Il processo terapeutico si mette in atto tramite un empirismo collaborativo in cui è il paziente stesso che gradualmente individua ed impara a soddisfare i propri bisogni in modo più funzionale, piuttosto che attendere che lo facciano gli altri o che lo faccia un terapeuta idealizzato come  salvifico e onnipotente.

In alcuni soggetti istrionici si è rivelata efficace l’integrazione della terapia di Beck e Freeman con un training per le abilità sociali mirato alla modulazione delle emozioni e dei comportamenti impulsivi e al miglioramento delle competenze empatiche allenando la focalizzazione del soggetto istrione sulle emozioni e sui bisogni dell’altro.

La schema-focused therapy di Jeffrey Young è un trattamento che integra l’approccio cognitivo-comportamentale con approcci basati sulle relazioni oggettuali e sulla Gestalt. Secondo quest’approccio, nel paziente con disturbo istrionico di personalità sarebbero attivi gli schemi disfunzionali “deprivazione emotiva” (credenza in base alla quale le altre persone non forniranno l’appoggio emotivo di cui si necessita), “imperfezione” (credenza di essere imperfetti, inadeguati, sgradevoli e inferiori agli altri) e “ricerca di approvazione” (credenza secondo la quale si deve sempre cercare di essere accettati,  sacrificando il reale senso di sé). L’individuazione e la modificazione di tali schemi è il fine della terapia.

Come sempre accade, leggere i protocolli d’intervento è cosa diversa dal trattare il disturbo istrionico,  termine che appare “leggero” nel ventaglio della nomenclatura psicopatologica:  in realtà si tratta di un disturbo difficile da trattare proprio perché l’inautenticità delle relazioni porta il paziente a non costruire una valida alleanza terapeutica e il terapeuta a provare sentimenti di scarsa sopportazione del caso.

Concluderei col dire ai pazienti di non disperare di poter ricevere una valida forma d’aiuto, che richiede tempo ma è possibile, e ai futuri terapeuti di investire su una valida formazione professionale. Ai terapeuti esperti posso solo chiedere consigli su come approcciarsi al paziente istrione.

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Autore dell’articolo

Dott. Michele Conte

Medico Chirurgo, specialista in Psichiatria, psicoterapeuta. Da circa 20 anni psichiatra nel Servizio Sanitario Nazionale; responsable del Centro Diurno del Distretto 8, USL Centro Firenze. Docente di Psicopatologia, Psichiatria e Psicofarmacologia presso la scuola di specializzazione quadriennale istituto IPSICO. Autore di circa 50 pubblicazioni, su riviste nazionali e internazionali, riguardanti aree psicopatologiche, psicofarmacologiche ed epidemiologiche. Profilo linkedin

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