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Il narcisismo patologico e la cultura occidentale

Nel contesto della recente controversia riguardo alla diagnosi dei Disturbi di Personalità secondo i nuovi criteri del DSM 5 (APA, 2013), un ruolo di rilievo è stato assunto dal Disturbo Narcisistico di Personalità, che inizialmente sembrava destinato a scomparire dal nuovo manuale diagnostico internazionale, ma che poi è stato “riammesso” all’interno dello stesso, dopo non poche polemiche a riguardo.

Secondo il nuovo modello del DSM 5, la diagnosi di Disturbo Narcisistico di Personalità (i.e. Narcissistic Personality Disorder, NPD) prevede una marcata compromissione dell’individuo nel dominio del sé (eccessivo bisogno di ammirazione degli altri e sentimenti di superiorità) e nel suo funzionamento personale e relazionale (scarsa empatia e difficoltà nella vicinanza emotiva).

I tratti di personalità associati a tale disturbo sono la tendenza a considerarsi superiore agli altri e ad aspettarsi un trattamento di favore, l’elevato bisogno di ammirazione e di attenzione, la tendenza all’antagonismo nelle relazioni interpersonali (con sentimenti di invidia verso gli altri) e uno scarso interesse per le esperienze emotive del prossimo.

La visione del DSM 5 è assolutamente compatibile con un modello dimensionale nel quale il NPD e i tratti narcisistici sono in un rapporto di continuità: mentre i questi ultimi possono essere adattivi, il narcisismo patologico raggiunge livelli di compromissione che lo rendono equivalente al NPD.

La prevalenza del disturbo narcisistico varia dall’1% nella popolazione generale al 2% in quella clinica, e queste percentuali sembrano essere in incremento negli ultimi decenni (Dhawan, Kunik, Oldham, & Coverdale, 2010; Zimmerman, Rothschild, & Chelminski, 2005).

In una recente revisione della letteratura, Joel Paris (2014) ha esaminato l’ipotesi che i cambiamenti sociali e culturali occidentali degli ultimi 50 anni possano avere avuto effetti di incremento del narcisismo.

Sono molti i contributi all’interno della letteratura psicologica e della sociologia che da tempo sostengono l’ipotesi che le caratteristiche della società moderna “incentivino” i tratti di personalità narcisistica.

In particolare, alcuni autori hanno analizzato la diffusione di quello che viene detto “individualismo espressivo” (Bellah, Madsen, Sullivan, Swidler, & Tipton, 1985), caratterizzato da una maggiore focalizzazione dell’individuo su di sé, in contrapposizione alla collettività: con l’indebolirsi della società tradizionale, infatti, gli individui si sono sempre meno conformati alle aspettative esterne, concentrandosi invece sui propri bisogni interni.

Anche lo storico Christopher Lasch, già negli anni ’70, introdusse il termine “narcisismo culturale” per descrivere come la società di allora incoraggiasse gli individui a focalizzarsi su di sé diffondendo il culto della fama e della celebrità e la paura della vecchiaia e delle relazioni durature.

C’è tuttavia da notare che, tra le recenti indagini a riguardo, non si sono riscontrati cambiamenti significativi nella diffusione della personalità narcisistica a partire dagli anni ‘80 ad oggi (Twenge, 2011) suggerendo l’utilità di meta-analisi che risalgano ai decenni precedenti.

Nell’ottica di Paris (2014), oltre ai mutamenti sociali globali, anche l’attuale tendenza della psicoterapia a concentrarsi sugli stati interni e sui propri bisogni può avere effetti di incremento sul narcisismo.

In realtà, questa seconda ipotesi risulta molto complessa da analizzare, soprattutto a causa delle difficoltà che da sempre si riscontrano nel trattamento psicoterapeutico dei pazienti con personalità narcisistica.

In conclusione, nonostante le ipotesi in merito agli effetti della società sulla personalità individuale continuino ad affascinare ed appassionare studiosi di diverse dottrine, ad oggi – da un punto di vista scientifico – ancora non esistono evidenze a riguardo e il fenomeno sembra stabile nel tempo.

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Claudia Carraresi

Psicologa e psicoterapeuta. Ha maturato la sua esperienza professionale nel settore psicodiagnostico all’interno di case di cura psichiatriche e Centri di salute mentale ASL. Inoltre ha seguito a lungo progetti di stampo cognitivo-comportamentale rivolti in modo specifico al trattamento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo cronico.
Attualmente opera come psicoterapeuta presso l’ Istituto IPSICO di Firenze e presso il Centro Clinico Verdi a Prato. Si occupa primariamente di disturbi d’ansia, disturbi dello spettro ossessivo e disturbi di personalità.
Presso l’ Istituto IPSICO di Firenze si occupa anche di progetti di ricerca e divulgazione scientifica. E’ membro del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Disturbo Ossessivo-Compulsivo (AIDOC) e socia ordinaria della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) e dell’Associazione EMDR Italia. Profilo linkedin

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