L’attivazione comportamentale è una tecnica che utilizza l’analisi funzionale e la modificazione del comportamento per incrementare i rinforzi ambientali positivi e i comportamenti funzionali, fonte di piacere e gratificanti, contrastando la tendenza intrinseca alla depressione ad evitare buona parte delle situazioni di vita e delle attività che non siano strettamente legate a “doveri” (es. accompagnare i figli a scuola, impegnarsi sul lavoro, ecc.).
Tali comportamenti di evitamento, infatti, per quanto istintivi nel momento in cui l’umore si abbassa in un episodio depressivo, diventano importanti fattori di mantenimento del disturbo, sia per la deprivazione di rinforzi sia perché aumentano moltissimo il tempo “vuoto” con incremento delle attività di rimuginio e ruminazione che hanno un noto impatto negativo sull’umore stesso.
La farmacoterapia a base di antidepressivi è considerata il trattamento più efficace per la depressione maggiore, eventualmente in associazione alla terapia cognitiva, la cui efficacia non è così chiara ed è stata messa in discussione in molti studi scientifici.
L’attivazione comportamentale, pur essendo una tecnica non nuova, sembra essere una valida alternativa ed è stata recentemente sottoposta a numerosi trial di ricerca che ne hanno comparato l’effetto con la farmacoterapia e la terapia cognitiva.
In effetti, un recente studio pubblicato sul Journal of Consulting and Clinical Psychology (http://dx.doi.org/10.1037/0022-006X.74.4.658) su oltre 240 pazienti affetti da depressione maggiore, ha mostrato come l’attivazione comportamentale abbia un effetto comparabile a quello dei farmaci e superiore a quello della terapia cognitiva, soprattutto per i soggetti con livelli di depressione più gravi.
Questi dati devono necessariamente essere tenuti in considerazione nell’impostare il trattamento psicoterapeutico dei pazienti depressi, dedicando la giusta attenzione alle tecniche comportamentali di comprovata efficacia e con forte supporto empirico.