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La terapia focalizzata sulla compassione

Compassion focused therapy

Tra gli approcci della cosiddetta terza ondata delle psicoterapie cognitivo-comportamentali, la Terapia Focalizzata sulla Compassione (CFT) è stata oggetto di numerosi studi di efficacia e di crescente interesse per la sua base teorica.

La compassione è un concetto non nuovo in psicoterapia, ma recentemente la compassione di sé e le pratiche per potenziarla hanno suscitato attenzione nel campo della ricerca. La parola compassione deriva dalle parole latine “cum” e “patior”, che significano “soffrire con”.

La definizione più conosciuta di questo processo, però, arriva dalla tradizione buddista che definisce la compassione “la sensibilità verso la sofferenza propria ed altrui, unita ad un profondo impegno nel tentare di alleviarla e prevenirla”.

La CFT è stata teorizzata da Paul Gilbert (2000), in risposta all’osservazione di pazienti depressi che presentavano forti componenti di vergogna e autocritica, spesso derivati da ambienti familiari difficili, caratterizzati da abusi o trascuratezza.

Questi pazienti mostravano spesso un dialogo interno svalutante e aggressivo, legato a forti emozioni di vergogna e autocritica, con grande difficoltà ad essere gentili con se stessi, ad aprirsi alla gentilezza degli altri, a sperimentare sensazioni di calore interno e rassicurazione (Gilbert, 1992, 2007c).

Le tecniche cognitive standard di ristrutturazione sembravano essere spesso inefficaci in questi casi. Inizialmente la CFT fu quindi pensata per aiutare i pazienti a sviluppare sentimenti di vicinanza con se stessi e un dialogo interno più compassionevole.

La CFT, oltre a mutuare alcuni concetti dalla filosofia buddista si basa su un approccio evoluzionistico e neuroscientifico che presuppone che le motivazioni e le emozioni affiliative possano avere un grande impatto sulla regolazione di sé e delle emozioni.

Sperimentare accudimento, accettazione e senso di appartenenza e affiliazione agli altri risulta fondamentale per lo sviluppo fisiologico ed emotivo e per il benessere della persona.

Le emozioni che derivano dall’attivazione del sistema affiliativo sono sensazioni di calma e di pace, sicurezza e benessere e sono correlate a minori livelli di depressione, ansia e stress. Gli altri due sistemi di regolazione sono il sistema di protezione dalle minacce e il sistema di ricerca di stimoli e risorse. Il sistema di protezione risulta centrale nell’identificazione e risposta alla minaccia.

L’attivazione di questo sistema può dare adito a distorsioni cognitive, come l’attenzione selettiva, e sfociare in emozioni negative come rabbia, ansia e disgusto. Il sistema di ricerca di stimoli e risorse, invece, ha una funzione motivazionale, direzionando l’attenzione verso le ricompense e dando vita ad emozioni positive come eccitamento, vitalità e desiderio.

La CFT mira a rimediare agli sbilanciamenti tra questi tre sistemi di regolazione affettiva, cercando di aiutare coloro che hanno difficoltà ad accedere al sistema affiliativo calmante, sostituendo l’autocritica con l’auto gentilezza e la compassione, e incoraggiando le persone a sviluppare comportamenti compassionevoli.

Aiutando i pazienti a sviluppare la capacità di provare compassione si incrementa la possibilità di affrontare in maniera diversa le esperienze dolorose, le sensazioni spiacevoli e le memorie di traumi passati. Proprio per questo le applicazioni della compassione come intervento psicoterapeutico hanno ricevuto un’attenzione crescente.

Per i terapeuti usare l’approccio focalizzato sulla compassione implica educare i pazienti a sviluppare tre tipi di compassione: l’auto-compassione, la compassione verso gli altri e l’apertura alla compassione da parte degli altri, in risposta alle avversità e alle situazioni minacciose.

Gilbert integra moltissimi interventi standard della terapia cognitivo-comportamentale con interventi di terza generazione come la mindfulness, le tecniche finalizzate all’accettazione e le tecniche immaginative.

Proprio queste ultime, insieme alle tecniche di mindfulness, sono la colonna portante di quest’approccio, con lo scopo di sviluppare specifici pattern di regolazione affettiva accedendo al sistema calmante e generando sensazioni di calma e sicurezza.

Soprattutto per quei pazienti con un dialogo interno svalutante e critico, che possono non aver sperimentato sufficienti cure o comportamenti affiliativi, diventa fondamentale rendere accessibile questo sistema di regolazione dell’esperienza emotiva.

In quest’approccio un passo fondamentale è l’apprendimento della meditazione compassionevole, che punta ad aiutare i pazienti ad imparare le abilità di base per sviluppare la compassione incrementando il benessere, la sensibilità, la tolleranza allo stress, l’empatia e il pensiero non giudicante.

Questo tipo di abilità permette di rispondere all’autocritica tramite l’autocompassione, utilizzando un dialogo interno diverso e riducendo l’impatto emotivo di eventi ambientali stressogeni. La CFT incoraggia il paziente a focalizzarsi, capire e sentire la compassione, durante i processi cognitivi negativi, con un forte focus sulla compassione verso se stessi.

Gilbert sostiene che la CFT può essere usata come cornice all’interno di altri interventi, facendoli essere più efficaci una volta che il sistema affiliativo è stato stimolato.

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Contrassegnato con: depressione, psicoterapia cognitivo comportamentale

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Elena Micheli

Psicologa Psicoterapeuta presso l’Istituto IPSICO di Firenze. Terapeuta EMDR II livello, formata in Psicoterapia Sensomotoria, Terapia Metacognitiva e Acceptance and Commitment Therapy. Si occupa primariamente di disturbi di personalità, disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, psicotraumatologia e psicodiagnosi. Presso l’Istituto IPSICO di Firenze si occupa anche di progetti di ricerca e divulgazione scientifica ed è socia dell’Associazione EMDR Italia. Profilo linkedin

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