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Psicopatia e tolleranza del dolore

psicopatia

Con il termine psicopatia ci si riferisce ad un quadro personologico caratterizzato da egocentrismo, insensibilità, mancanza di rimorso e di empatia, impulsività ed irresponsabilità, predisposizione verso comportamenti manipolatori o antisociali.

L’associazione tra psicopatia e comportamenti antisociali, quali violenza fisica, aggressività verbale e coercizione sessuale, è stata ampiamente dimostrata da diversi studi (per una review, vedi Jones, Miller e Lynam, 2011).

Una delle più interessanti ipotesi esplicative di tale correlazione consiste nella deficitarietà del “meccanismo inibitorio della violenza” presente nei soggetti psicopatici.

Questi ultimi infatti sono risultati carenti nella percezione delle espressioni altrui – sia verbali che non verbali – di paura (Blair e colleghi, 2002, 2004) e questo deficit limiterebbe la possibilità che l’aggressore inibisca il suo comportamento violento in seguito a segnali di sottomissione da parte della vittima (Blair, 1995).

In linea con questa teoria altri autori hanno dimostrato che, in un campione di studenti, i tratti psicopatici si associavano con una minore capacità di riconoscimento delle espressioni di dolore altrui che, così come per le espressioni facciali di paura, potrebbe render più probabile la messa in atto di comportamenti antisociali a carattere aggressivo (Niel e colleghi, 2007; Reidy e colleghi, 2009).

Nonostante i dati della letteratura confermino la presenza di una minore responsività degli psicopatici al dolore e alla paura altrui, sono ancora poche le ricerche che hanno preso in esame la risposta di questi soggetti alla propria esperienza di dolore fisico.

In un recentissimo studio, di Miller e collaboratori (2014) hanno testato l’ipotesi che i tratti psicopatici siano associati ad una maggiore tolleranza del dolore fisico e che questa caratteristica spieghi, almeno in parte, la relazione tra psicopatia e comportamenti aggressivi.

In definitiva, lo studio, condotto su un campione di comunità composto da 120 volontari, ha rilevato solo una moderata – seppur positiva – correlazione tra tolleranza del dolore fisico e tratti psicopatici.

Questi risultati confermano precedenti studi che avevano riscontrato, all’interno delle strutture cerebrali coinvolte nella percezione dell’esperienza di dolore fisico (proprio ed altrui), la presenza di circuiti coinvolti anche nell’emotività connessa alla psicopatia (es., Kiehl, 2006).

Inoltre, se – da un lato – lo studio di Miller e collaboratori non ha dimostrato che la tolleranza del dolore sia la variabile mediatrice tra psicopatia e comportamenti antisociali, i risultati hanno invece suggerito che siano i tratti psicopatici a mediare l’associazione tra tolleranza del dolore e comportamenti violenti.

In definitiva, sembrerebbe che un maggior grado di tolleranza al dolore fisico possa contribuire allo sviluppo di tratti personologici psicopatici che, a loro volta, aumentano la probabilità di comportamenti antisociali.

Questa recente indagine fornisce un primo supporto all’esistenza di un effetto indiretto della tolleranza al dolore fisico sulla aggressività, attraverso la presenza di tratti psicopatici, quali l’insensibilità e l’egocentrismo.

Tuttavia questi dati preliminari necessitano di essere confermati attraverso studi longitudinali che possano dare prova certa che tali associazioni siano di carattere causale così da poter sviluppare modelli eziologici di certe problematiche comportamentali di natura violenta che – oggi più che mai – interessano non solo il nostro ambito clinico ma anche quello giuridico e legale.

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Claudia Carraresi

Psicologa e psicoterapeuta. Ha maturato la sua esperienza professionale nel settore psicodiagnostico all’interno di case di cura psichiatriche e Centri di salute mentale ASL. Inoltre ha seguito a lungo progetti di stampo cognitivo-comportamentale rivolti in modo specifico al trattamento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo cronico.
Attualmente opera come psicoterapeuta presso l’ Istituto IPSICO di Firenze e presso il Centro Clinico Verdi a Prato. Si occupa primariamente di disturbi d’ansia, disturbi dello spettro ossessivo e disturbi di personalità.
Presso l’ Istituto IPSICO di Firenze si occupa anche di progetti di ricerca e divulgazione scientifica. E’ membro del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Disturbo Ossessivo-Compulsivo (AIDOC) e socia ordinaria della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) e dell’Associazione EMDR Italia. Profilo linkedin

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