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Stili attributivi, benessere psicologico e motivazione alla terapia

Stili attributivi e psicopatologia

Lo stile attributivo consiste nel processo tramite cui gli individui tendono a spiegare le proprie ed altrui esperienze, attribuendovi dei nessi di causalità.

Partiamo dall’assunto che l’essere umano, al fine di regolare il proprio comportamento, ha un bisogno innato di comprendere le cause degli eventi.

Le attribuzioni si configurano come delle scorciatoie di pensiero storicamente apprese che permettono di attribuire in modo pressoché automatico, e dunque poco dispendioso, delle spiegazioni al verificarsi di determinati eventi del passato e di predire l’andamento degli eventi nel futuro.

La teoria degli stili attributivi

Diversi autori nel corso del secolo scorso hanno fornito contributi importanti volti a comprendere quali siano le variabili che determinano e compongono le modalità attraverso cui le persone interpretano le cause degli eventi, delle azioni e dei fatti che si verificano nel loro ambiente di vita.

Un modello esplicativo completo è stato proposto da Weiner (Weiner, 1985) che ha identificato tre dimensioni attraverso cui possono essere classificati gli stili attributivi:

Locus of control

Si riferisce alla valutazione soggettiva dei fattori cui si attribuisce la causa di eventi che possono essere interni o esterni.

Un locus of control interno determinerà l’attribuzione degli esiti di un evento a caratteristiche interne dell’individuo, mentre un locus of control esterno tenderà ad attribuirle all’esterno, limitando dunque la percezione dell’individuo di poter modificare il corso degli eventi.

Esempi di locus of control interno sono l’impegno, l’abilità e l’esperienza mentre esempi di locus of control esterno sono la fortuna e l’aiuto esterno.

Controllabilità

Fa riferimento al grado con cui l’individuo percepisce l’evento come internamente o esternamente controllabile e, dunque, passibile di modifica.

La fortuna rappresenta un esempio di causa incontrollabile mentre l’impegno rappresenta una causa controllabile.

Stabilità

Si riferisce alla possibilità di prevedere l’esito degli eventi futuri.

Le cause stabili sono tendenzialmente prevedibili, quelle instabili invece determinano un certo grado di incertezza.

Tra le cause stabili è possibile citare l’abilità, mentre tra quelle instabili l’impegno e la fortuna.

Modalità di attribuzione

In base alla combinazione di queste tre dimensioni, possono essere individuate le seguenti otto modalità di attribuzione:

  • Tenacia: attribuzione Interna-stabile-controllabile
  • Capacità/abilità: attribuzione interna-stabile-incontrollabile
  • Impegno: attribuzione interna-instabile-controllabile
  • Tono dell’umore: attribuzione interna-instabile-incontrollabile
  • Pregiudizio del valutatore: attribuzione esterna-stabile-controllabile
  • Difficoltà del compito: attribuzione esterna-stabile-incontrollabile
  • Aiuto esterno: attribuzione esterna-instabile-controllabile
  • Fortuna: attribuzione esterna-instabile-incontrollabile

Classificazione degli stili attributivi

Più recentemente, è stata formulata un’ulteriore categorizzazione degli stili attributivi (Ravazzolo et al, 2005) che prende in esame le diverse modalità in cui gli individui possono tendere ad interpretare, selettivamente, i propri successi ed i propri fallimenti.

  • Stile dell’impegno strategico: sia per il successo che per l’insuccesso l’individuo tende ad attribuire l’esito al proprio impegno. In caso di insuccesso, dunque, la persona tende a trovare nuove soluzioni e persistere nel compito, mantenendo comunque le aspettative positive.
  • Stile del negatore: tende ad attribuire i successi alle proprie abilità e gli insuccessi a cause esterne, più o meno controllabili e stabili. Questi individui tendono ad essere convinti che le cose debbano riuscire senza troppo impegno (attribuzione interna stabile) e tendono a non trarre insegnamento dagli errori, esternalizzando la responsabilità per i propri fallimenti.
  • Stile Abile: in questa configurazione tanto i successi quanto i fallimenti vengono attribuiti a caratteristiche interne stabili quali l’abilità o la capacità. I successi e gli insuccessi vengono dunque interpretati come prove di caratteristiche interne immodificabili con conseguente scarsa persistenza nei compiti più difficili. In questo stile attributivo la percezione dell’autostima è fortemente influenzata dagli esiti ottenuti.
  • Stile del depresso: in questo stile attributivo le cause de successi vengono attribuite all’esterno, mentre le cause degli insuccessi a caratteristiche interne stabili come l’abilità. Questo stile attributivo è uno dei più disfunzionali poiché responsabile di quella che viene definita impotenza appresa, caratterizzata da una marcata rassegnazione e passività e da una percezione di incontrollabilità degli eventi che, disincentivando l’impegno, porta ad ottenere risultati mediocri rafforzando così circolarmente la convinzione di impotenza.
  • Stile della pedina: sia i successi che i fallimenti vengono attribuiti a cause esterne. Questo stile attributivo si associa ad una forte dipendenza dal contesto esterno e a frequenti emozioni di rabbia se il fallimento è attribuito alla mancanza di aiuto e alla rassegnazione se viene invece attribuito alla sfortuna.

Implicazioni cliniche degli stili attributivi

Il principale ambito in cui gli stili attributivi sono stati studiati riguarda la psicologia dell’età evolutiva, con particolare riferimento all’attribuzione di causalità per i successi ed ai fallimenti nelle prestazioni scolastiche.

Gli stili attributivi però non esauriscono la loro influenza con la crescita dell’individuo. Essendo modalità di lettura della realtà apprese nel corso della vita, esse guideranno le valutazioni dell’individuo anche in età adulta contribuendo a determinare in modo decisivo la valutazione di sé e la percezione di auto-efficacia, nonché la predisposizione ad interpretare gli eventi di vita come più o meno controllabili.

In questa prospettiva risulta evidente come gli stili attributivi possano favorire o, al contrario, disincentivare, alcuni processi che, in ultima analisi, possono condurre l’individuo verso la psicopatologia.

Sono molti gli studi che, ad esempio, legano l’impotenza appresa, tipica dello stile attributivo depresso, alla manifestazione dei sintomi depressivi. Appare anche evidente come gli stili che tendono ad esternalizzare la responsabilità degli eventi si leghino maggiormente a condizioni di scarsa auto-efficacia percepita. Nonché a una tendenza a manifestazioni di dipendenza nel caso in cui gli eventi vengano attribuiti all’azione dell’altro (attribuzioni esterne controllabili) e a sintomi d’ansia legati all’imprevedibilità tipica delle attribuzioni esterne incontrollabili come la fortuna o la difficoltà della situazione.

Al solito modo, le attribuzioni interne stabili ed incontrollabili, tipiche dello stile abile, possono portare l’individuo a un’estrema oscillazione dell’autostima. Questo con un conseguente iper-investimento volto ad evitare a tutti i costi i fallimenti, condizione clinicamente associata a manifestazioni di ansia da prestazione e tendenze associate al funzionamento narcisistico di personalità.

Stile attributivo e motivazione alla terapia

Da un punto di vista clinico, oltre all’influenza esercitata dallo stile attributivo nel determinare la sofferenza psicologica, la predisposizione dell’individuo ad attribuire nessi di causalità agli eventi è determinante anche all’interno del processo terapeutico.

Un presupposto essenziale per una buona efficacia terapeutica, soprattutto all’interno del modello cognitivo-comportamentale, è infatti rappresentato dalla motivazione che l’individuo ha verso la terapia e dall’impegno che egli è disposto a mettere in capo per produrre un cambiamento.

Questi due fattori, a loro volta, sono strettamente legati alle aspettative e alle previsioni che egli ha rispetto agli esiti degli eventi.

Una persona con uno stile attributivo tendente all’impegno strategico raccoglierà con positività la richiesta di impegnarsi nel processo di cambiamento ed affronterà in modo positivo anche le difficoltà terapeutiche.

Diversamente, chi tende a attribuzioni interne stabili, tenderà a biasimarsi per le proprie difficoltà ed essere meno fiducioso nella possibilità di cambiamento.

Coloro che tendono ad attribuzioni esterne, a loro volta, manterranno un atteggiamento fatalistico o dipendente dal terapeuta, oscillando tra rassegnazione e rabbia di fronte alle difficoltà.

In quest’ottica, da un punto di vista clinico, risulta di fondamentale importanza individuare precocemente lo stile attributivo del paziente e renderlo consapevole dei limiti che gli stili attributivi disfunzionali comportano in un’ottica di cambiamento terapeutico.

Motivare l’individuo verso uno stile votato all’impegno e, parallelamente, ad una percezione di controllabilità del percorso terapeutico rappresentano, dunque, dei fattori indispensabili per la buona riuscita dell’intero percorso di cura.

Bibliografia

  • Ravazzolo, C., De Beni, R., & Moè, A. (2005). Stili attributivi motivazionali: percorsi per migliorare le capacità di apprendimento in bambini dai 4 agli 11 anni. Edizioni Erickson.
  • Weiner, B. (1985). An attributional theory of motivation and emotion. New York: Springer-Verlag.

 

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Articolo del 15/03/2023 Contrassegnato con: personalità

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Marta Joanna Drabik

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Svolge l’attività libero professionale presso gli studi privati di Pistoia, Lucca e Montecatini Terme. Si occupa di sostegno psicologico e psicoterapia cognitivo-comportamentale dei Disturbi d’ansia, della Depressione, dei problemi relazionali e personologici ed è abilitata all’utilizzo della tecnica EMDR. E’ inoltre specializzata nel trattamento cognitivo-comportamentale del Disturbo ossessivo-compulsivo e fa parte dei professionisti affiliati alla rete CEDOC (Centro d’Eccellenza per il trattamento del Disturbo ossessivo-compulsivo). Partecipa attivamente a diversi progetti di ricerca mantenendosi costantemente aggiornata circa le più recenti evidenze scientifiche e i percorsi terapeutici cognitivo-comportamentali più efficaci.

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