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Dipendenza da cannabis: hashish e marijuana

dipendenza da cannabis: hashish e marijuana

I fito-cannabinoidi (hashish, marijuana) sono largamente diffusi la dipendenza da cannabis è ormai estremamente comune. Hashish e Marijuana hanno un meccanismo d’intossicazione che si caratterizza per senso di euforia e di benessere, seguito da disinibizione, aumento dell’appetito e dell’attività sessuale, alterazione delle prestazioni cognitive e psicomotorie.

In funzione del bilanciamento tra i diversi principi attivi che può contenere (circa quattro), si possono creare forme di marijuana completamente diverse per gli effetti organici e psicologici che può dare (psico-stimolanti, rilassanti, psicotropi, allucinogeni, energizzanti, sedativi, stimolanti della attività sessuale…).

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A tutt’oggi sono stati identificati due tipi di recettori per i cannabinoidi: i CB1 e i CB2. Questi sono molto importanti nello studio delle varie forme di dipendenza da cannabis se pensiamo che gli effetti dei fito-cannabonodi sull’organismo dipendono dal bilanciamento tra principi attivi che contengono ma anche dal tipo di recettore su cui vanno ad agire.

L’identificazione dei recettori per i fito-cannabinoidi, indipensabile per comprendere le dipendenze da hashish e marijuana, è avvenuta a seguito della scoperta della esistenza degli endo-cannabinoidi (“anandamide” e “2-AG” sono i più studiati), cioè la nostra “marijuana naturale”.

Il sistema “endo-cannabinoide” è di grande importanza per il normale funzionamento dell’organismo, poiché presiede a funzioni quali: regolazione dell’appetito, funzioni endocrine, percezione del dolore e della gratificazione, controllo motorio, modulazione immunitaria, funzioni sessuali, sviluppo cerebrale, funzioni cognitive superiori (memoria, attenzione e apprendimento), etc. Un’eventuale perturbazione del sistema endo-cannabinoide, ad esempio attraverso l’utilizzo di fito-cannabinoidi, può influire in modo anche drammatico sul sistema nervoso, soprattutto durante lo sviluppo, in adolescenza.

Hall ed i suoi collaboratori (1995) hanno descritto le conseguenze acute e croniche, fisiche e psichiche, dell’abuso di cannabinoidi. Tra gli effetti acuti si ritrovano: ansia, disforia, panico, paranoia (specialmente in “fumatori” non sperimentati o in soggetti che ricevono THC a fini terapeutici) e compromissione cognitiva, soprattutto a carico della memoria e dell’attenzione (la memoria a breve termine è compromessa e le associazioni mentali sono allentate).

Questo distacco dalla realtà rende difficile sostenere una attività psichica finalizzata. Tra gli effetti acuti della dipendenza da hashish e marijuana rientrano anche la compromissione delle funzioni psicomotorie (ecco perché sussiste il pericolo di aumento di incidenti se una persona intossicata guida un veicolo): la cannabis produce effetti sul controllo muscolare, sul tempo di reazione e sulla capacità di portare a termine compiti semplici e complessi. In questo può intuitivamente giocare un ruolo anche la “disinibizione” (altro effetto acuto dell’uso di hashish e marijuana), che comporta una eccessiva disinvoltura e sottovalutazione dei rischi.

Tra i possibili effetti rientra anche la possibilità di sperimentare sintomi psicotici (perlopiù da parte di coloro che sono vulnerabili per storia personale o familiare). Tra gli effetti cronici dell’uso di cannabis, gli autori citati propongono come possibili: malattie respiratorie, bronchite cronica, modificazioni epiteliali considerate precursori di neoplasie maligne.

La dipendenza da cannabis e l’abuso di hashish e marijuana possono risolversi anche in una compromissione dell’organizzazione e della integrazione di informazioni complesse. Tra gli effetti possibili si annoverano anche i seguenti: aumentato rischio di tumori maligni delle alte vie respiratorie e digestive (cavo orale, faringe, esofago) e declino delle capacità lavorative e del rendimento scolastico negli adolescenti.

Lo sviluppo di una dipendenza da cannabis, caratterizzata dalla incapacità di smettere o di tenere sotto controllo l’abitudine all’uso nonostante la consapevolezza di effetti negativi derivanti da essa e il desiderio di smettere, riguarda 1 su 10 tra coloro che fumano sporadicamente, 1 su 3 tra coloro che fumano quotidianamente. La scarsa considerazione del problema deriva probabilmente dalla sottovalutazione della sua pericolosità.

La persona che chiede di essere aiutata a distaccarsi dall’uso di cannabis deve essere informata sul fatto che non si incontrano gravi problemi fisici nel momento del distacco, e che non è indicata una terapia farmacologica specifica per la disintossicazione. È utile tuttavia che il soggetto abbia un supporto psicoterapeutico che lo aiuti di fronte alla necessità di cambiare abitudini, processo che naturalmente comporterà specifiche difficoltà, dato che la sospensione dell’uso potrebbe mettere in luce la specifica funzione assolta dalla sostanza nel funzionamento personale (es. regolazione del tono dell’umore, gestione di emozionalità negativa, superamento delle difficoltà interpersonali…).

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Giulia Calamai

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Ha maturato la sua esperienza professionale nel settore delle dipendenze lavorando per l’Associazione “Ce.i.s. - Centro di Solidarietà di Pistoia”. Opera come psicoterapeuta presso l’Istituto di Psicologia e di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale IPSICO di Firenze e presso il proprio studio professionale a Pistoia. Si occupa primariamente di psicodiagnosi, dipendenze patologiche e disturbi di personalità. Profilo linkedin

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