• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
  • Passa al piè di pagina

IPSICO, Firenze

  • Informazioni
    • Disturbi clinici
    • Sintomi e fenomeni
    • Emozioni
  • Soluzioni
    • Consigli pratici
    • Terapie
  • Formazione
    • Scuole quadriennali di psicoterapia
    • Master, workshop, corsi e convegni
    • Tirocini post-lauream
  • L’Istituto
    • Chi siamo
    • Dove siamo
    • I nostri servizi clinici
    • Prenota una consulenza in studio
    • Contatti
  • Blog

La solitudine: una riflessione alla luce della teoria polivagale

la solitudine

La solitudine è un vissuto naturale nell’esperienza umana. Può essere fonte di benessere o sofferenza, dipende dal contesto e dal patrimonio di esperienze soggettive.

Restare con se stessi può essere un piacevole rifugio e un momento di attenzione al proprio intimo o, al contrario, connotare uno stato negativo di disperazione. Ciò quando richiama vissuti di abbandono ed esclusione.

Chi si è sentito solo durante la pandemia da Coronavirus?

Un nuovo studio, ora pubblicato sulla rivista scientifica Personality and Individual Differences, ha fatto un passo importante verso una migliore comprensione delle differenze individuali nella solitudine.

Lo studio ha analizzato il più grande gruppo di volontari che sia mai stato studiato sul tema (oltre 46.000 volontari di età compresa tra 16 e 99 anni, provenienti da 237 paesi diversi) e ha evidenziato tre  fattori importanti.

  1. L’età influisce sulla solitudine: diversamente da ciò che generalmente si pensa, le persone anziane hanno chiaramente riferito una solitudine meno frequente rispetto ai giovani.
  2. Il genere influisce sulla solitudine: gli uomini hanno riportato una solitudine più frequente rispetto alle donne.
  3. La società influenza la solitudine: le persone che vivevano in società individualiste (come gli Stati Uniti), in cui il successo individuale è un importante obiettivo di vita, riferivano una solitudine più frequente. Ciò rispetto alle persone che vivono in società più collettiviste (come il Guatemala), in cui i bisogni e gli obiettivi di un gruppo più ampio come la famiglia sono più importanti del successo individuale.

Differenze individuali nell’affrontare la solitudine

Al di là dei tre fattori evidenziati dallo studio sopra citato, abbiamo potuto vedere come in questi mesi le risposte individuali alle misure di contenimento e prevenzione imposte per arginare la pandemia siano state molto diverse.

Per alcune persone  la solitudine è diventata una profonda angoscia, altre sembrano aver affrontato molto bene il crescente isolamento sociale.

Sicuramente ha sofferto di più chi ha nella sua storia psicologica ed affettiva esperienze di solitudine e traumi relazionali non risolti. In queste situazioni l’isolamento può diventare un vero e proprio stimolo scatenante la sofferenza. Può inoltre togliere le abituali risorse e strategie di fronteggiamento dello stress.

C’è chi ha trovato un’area di comfort nell’isolamento, che ha “autorizzato” o addirittura imposto di evitare situazioni “difficili”, ma portando poi ad una crescente difficoltà a “uscire fuori dal nido” e riesporsi alle richieste della vita normale.

E c’è chi è rimasto stupito della propria capacità di affrontare invece una situazione così difficile e ha magari avuto prova dell’efficacia di percorsi di cura e cambiamento fatti.

Di sicuro la solitudine è una condizione innaturale se diviene uno stato cronico e in tale condizione può portare a stati di disagio psicologico. Con sintomi di tipo depressivo, ansioso fino al panico e al disturbo post-traumatico da stress.

Questo perché la nostra mente si è sviluppata nel corso dell’evoluzione per essere relazionale (Siegel, 2013). Il nostro cervello ha bisogno della relazione con l’altro per crescere e apprendere, costruire significati su di sé e sul mondo, per regolarsi e trovare benessere.

La teoria polivagale

Creare legami è un imperativo biologico per l’uomo

Dopo 40 anni di studi e ricerche, Stephen Porges ha portato con la sua Teoria Polivagale (Porges,2014) preziosissime informazioni riguardo il funzionamento del nostro sistema nervoso autonomo. Ha spiegato in modo più esaustivo quali sono le basi anatomiche e funzionali dei modi in cui cerchiamo adattamento e sicurezza nel mondo e le diverse reazioni dell’uomo alle situazioni di pericolo.

Il punto centrale è che i mammiferi hanno bisogno per sopravvivere di instaurare relazioni sociali e il sistema nervoso nell’uomo si è sviluppato secondo tre principi fondamentali: neurocezione,  gerarchia e co-regolazione.

Neurocezione

È quel processo attraverso il quale il nostro sistema nervoso rileva in ogni momento della nostra vita gli indizi di sicurezza, pericolo e minaccia provenienti dal nostro corpo, dall’ambiente circostante e dalle nostre connessioni con gli altri.

Si tratta di un processo continuo e automatico che opera al di fuori della nostra consapevolezza e non coinvolge le parti pensanti del nostro cervello.

Quando viene rilevato un pericolo, il nostro sistema nervoso autonomo attiva in modo automatico le risposte difensive seguendo tre livelli organizzati in modo gerarchico.

Ordine gerarchico

Il sistema nervoso autonomo risponde a sensazioni corporee e segnali provenienti dall’ambiente in modo automatico attraverso tre percorsi di risposta. Questi percorsi funzionano secondo uno specifico ordine gerarchico e rispondono alle diverse sfide in modi prevedibili.

In ordine evolutivo dal più antico al più moderno sono:

  • Il Sistema Parasimpatico che coinvolge la parte dorsale del nervo vago. È la parte più antica del sistema nervoso autonomo e risponde ai segnali di pericolo estremo. Quando non siamo in grado né di lottare né di fuggire di fronte al pericolo rilevato porta una risposta analgesica. Ci spinge ad allontanarci dalla consapevolezza e dalle connessioni verso uno stato protettivo di collasso. Ci fa sentire immobilizzati e intorpiditi, non presenti. È quella reazione difensiva che abbiamo ereditato e che abbiamo  ancora in comune con i rettili.
  • Il Sistema Simpatico si è sviluppato immediatamente dopo il tratto dorso vagale ed ha introdotto la possibilità di agire. Risponde infatti ai segnali di pericolo alimentando la reazione di attacco-fuga, quindi la mobilizzazione di energia attraverso tutta una serie di modificazioni fisiologiche di iperarousal tra cui il rilascio di adrenalina.
  • Il Sistema Parasimpatico che coinvolge la parte ventrale del nervo vago. È la parte che evolutivamente si è formata per ultima, è mielinizzata e tipica dei mammiferi. Regola l’attività degli organi che si trovano sopra il diaframma (polmoni, cuore) e guida i muscoli del volto, la faringe e determina la nostra capacità di esprimere le emozioni con il volto, la voce, la prosodia. In condizioni di pericolo il circuito ventrovagale promuove comportamenti di ingaggio sociale ed ha un effetto calmante. Permette di mandare “inviti” ad entrare in connessione con noi, cerchiamo e offriamo conforto. Risponde ai segnali di sicurezza e favorisce la sensazione di avere un ingaggio e delle connessioni sociali sicure.

Il superamento del paradigma classico

L’individuazione di questi tre percorsi ha portato al superamento del paradigma classico, che vede invece il sistema nervoso autonomo come un’alternanza e bilanciamento tra sistema simpatico e sistema parasimpatico, quindi tra iper-reazione (attacco/fuga) e rilassamento/ recupero dell’omeostasi.

In realtà le risposte del nostro sistema nervoso  sono organizzate in modo gerarchico. Questo significa che utilizziamo dapprima le risposte adattive che vengono dai gradini più recenti della nostra evoluzione (via ventrovagale). Quando queste non funzionano per metterci al sicuro, utilizza via via le risposte più primitive, seguendo a ritroso la storia evolutiva della nostra specie (sistema simpatico e via dorsovagale).

Co-regolazione: la ricerca di sicurezza nell’altro

Quindi l’iper-reattività non è l’unico modo di cui disponiamo per difenderci. In caso di percezione di una minaccia, la prima cosa che facciamo è cercare sicurezza nell’altro.

Stare insieme (l’ingaggio sociale) è diventato per noi essenziale alla sopravvivenza. È attraverso la regolazione reciproca dei nostri sistemi nervosi (attraverso la neurocezione e il sistema vago ventrale) che creiamo relazioni di fiducia e ci sentiamo al sicuro.

La reciprocità è connessione tra persone, ci nutre e ci rafforza. È dare e ricevere; ascoltare e rispondere. È riparare le rotture, sentire sintonia, risonanza. È aver cura e prendersi cura.

Quindi nel corso dell’evoluzione abbiamo imparato che oltre alla fuga poteva esserci d’aiuto la protezione degli altri esseri umani e questo ha portato a raffinare le nostre capacità di  sintonizzarci e ricercare relazioni collaborative.

Un individuo in interazione sociale può stabilizzare la sua condizione neurofisiologica: se l’ambiente viene percepito come sicuro le risposte di difesa vengono inibite e la condizione di sicurezza che deriva dalla relazione si riflette nelle sensazioni viscerali.

Il circuito ventrovagale ci permette, quando siamo in condizione di sicurezza, di promuovere altra sicurezza. Noi intercettiamo questi segnali attraverso l’interazione sociale, decodificando in modo istintivo messaggi che derivano dal contatto oculare e dalla voce. Inviando segnali di risposta, entrando in relazione e promuovendo l’autoregolazione delle sensazioni fisiologiche.

Le implicazioni per la psicoterapia

La teoria polivagale ha rivoluzionato il nostro criterio di osservazione delle reazioni fisiologiche di sopravvivenza a fronte di situazioni percepite come pericolose. Ha fornito un fondamentale modello di comprensione su ciò che accade dal punto di vista neuraoanatomico quando un individuo sperimenta un trauma persistente all’interno delle proprie relazioni di attaccamento.

Seppur programmati per vivere in connessione l’uno con l’altro, gli esseri umani sono allo stesso tempo programmati per sopravvivere. Il trauma relazionale rende la co-regolazione pericolosa. Quando entrare in connessione non è più percepito come sicuro, il nostro sistema autonomo ci allontana dagli scambi sociali, o li rende conflittuali, proprio in funzione della nostra continua ricerca di sicurezza.

Questa teoria può aiutare i terapeuti a meglio comprendere i comportamenti e le reazioni dei propri pazienti, aiutando a considerare le ragioni alla base radicate in una storia di “sopravvivenza” alle quali si giunge in maniera automatica.

Aiuta i terapeuti ad aiutare i propri pazienti a comprendere le intenzioni protettive delle loro risposte autonomiche, aiutando a superare vissuti di vergogna e autocolpevolizzazione tipici di chi è sopravvissuto ad un trauma. Ed aiuta i terapeuti a creare le condizioni per la presenza nel setting terapeutico di uno stato fisiologico che supporti un sistema di ingaggio sociale attivo e quello stato di sicurezza con l’altro assolutamente necessario per un buon lavoro terapeutico.

Il protrarsi del distanziamento dagli altri

La solitudine porta un persistente messaggio di instabilità e il nostro sistema nervoso rimane sollecitato in modalità di ricerca di sopravvivenza. In una condizione di stress, diventando un fattore di rischio fisico ed emotivo.

Forse essere consapevoli che il proprio isolamento o il rispetto della distanza serve a tutti può aiutare a renderlo più sopportabile. Sapere di offrire aiuto agli altri infatti contribuisce a farci sentire ancora interconnessi e quindi più al sicuro.

Bibliografia

  • Manuela Barreto, Christina Victor, Claudia Hammond, Alice Eccles, Matt T. Richins, Pamela Qualter. Loneliness around the world: Age, gender, and cultural differences in loneliness. Personality and Individual Differences, 2020, in press.
  • Deb Dana “La Teoria Polivagale nella Terapia.Prendere parte al ritmo della regolazione”. Giovanni Fioriti Ed. 2019
  • Daniel J. Siegel “La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale”. Raffaello Cortina Ed. 2013
  • Stephen W. Porges “La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione”. Giovanni Fioriti Ed. 2014

Leggi anche:

  • Regolazione e coregolazione emotiva
    Autoregolazione e Co-regolazione: il ruolo…
  • la paura della solitudine
    Paura di rimanere soli: quando la solitudine spaventa
  • La sofferenza della solitudine
    La solitudine - La sofferenza della disconnessione sociale
  • adolescenti e coronavirus
    Essere genitori di adolescenti al tempo del Coronavirus

Contrassegnato con: coronavirus, ritiro sociale, stress

Barra laterale primaria

Autore dell’articolo

Dott.ssa Elisa Grechi

Psicologa, psicoterapeuta e supervisore EMDR. Perfezionamento in Counseling ad indirizzo Rogersiano. Lavora da più di 10 anni per la LILT presso il Centro di Riabilitazione Oncologica di Firenze (CeRiOn – ISPRO). Con lo stesso Istituto collabora oltre che nella riabilitazione anche nell’ambito della ricerca e della formazione del personale sanitario. In questi anni ha approfondito le proprie competenze in ambito oncologico e nell’approccio integrato Mind-Body presso la Harvard Medical School. Opera come psicoterapeuta presso l’Istituto IPSICO di Firenze e si occupa principalmente di problematiche relative al trauma e alla dissociazione, disturbi di ansia e problematiche relazionali.

ALTRI ARTICOLI DI QUESTO AUTORE
servizi psicoterapia
prendi un appuntamento

Articoli più letti

Anoressia sintomi e cura

Anoressia nervosa: significato, sintomi, cause e cura

ansia disturbi d'ansia

Ansia e disturbi d’ansia: sintomi, cause e cura

attacchi di panico sintomi e cura

Attacchi di panico: sintomi e cura del più comune disturbo d’ansia

Bulimia

Bulimia: sintomi e cura

Sintomi, cause e cura della depressione

Depressione: sintomi, cause e cura

bipolarismo - disturbo bipolare

Disturbo bipolare: sintomi e cura del bipolarismo

disturbo ossessivo compulsivo - DOC

Disturbo ossessivo compulsivo (DOC)

esaurimento nervoso

Esaurimento nervoso: sintomi e cura

Fobia sociale - ansia sociale

Fobia sociale (ansia sociale) – Sintomi e cura

ipocondria - la paura delle malattie

Ipocondria: la paura delle malattie

stress sintomi disturbi da stress

Stress e disturbi da stress: sintomi e cura

Footer

Cerca nel sito

SEDE CENTRALE

Via Mannelli, 139 - 50132 FIRENZE
Tel. 055/2466460
Fax 055/2008414

  • Informazioni e appuntamenti

    Informazioni e appuntamenti
  • Seguici su Facebook

    Seguici su Facebook
  • Seguici su Instagram

    Seguici su Instagram
Chat

Copyright © 2025 - IPSICO, Firenze • Tutti i diritti riservati • Informativa privacy