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Critiche costruttive e critiche manipolative

assertività comunicazione assertiva

Nel privato così come nel lavoro, capita prima o poi di dover dire agli altri che qualcosa ci dà fastidio. Spesso tratteniamo ciò che vorremmo dire per poi scoppiare, con inevitabili danni per la relazione. Oppure anziché comunicare in modo diretto, ci limitiamo a fare osservazioni ironiche. E quando ci viene rivolta una critica, invece di prestarci attenzione, a volte non permettiamo all’altro nemmeno di concludere  il discorso e i vari tentativi di confronto critico spesso degenerano in forti litigi.

Invece, la critica, quando veicolata in modo tale da non sminuire l’altro come persona, quando non comunica disprezzo e ostilità, quando è correttamente motivata e offre alternative, risulta una forma di comunicazione assertiva di estrema utilità. Da un punto di vista assertivo le critiche che rivolgiamo al nostro ambiente devono tendere a diminuire le tensioni, cioè devono far evolvere la situazione in modo realistico e soddisfacente per entrambe le parti.

La gestione delle critiche è una situazione in cui attuare una comunicazione assertiva è particolarmente difficile. In effetti le critiche sono difficili da accettare. Ricevere una critica e gestirla al meglio, può essere in molte situazioni sociali un banco di prova: chi reagisce aggressivamente può offrire di sé un’immagine di persona insicura e immatura e chi, di fronte a una critica, eccede in comportamenti passivi e autocolpevolizzanti, non esce certo bene dalla situazione.

Una critica dovrebbe poter cambiare una situazione al meglio, favorendo una collaborazione e favorendo la conoscenza  del punto di vista dell’altro sul modo di agire di chi abbiamo di fronte.

La critica dovrebbe essere fatta in modo da non offendere la persona, evitando di affossare l’interlocutore creandogli ingiusti sensi di colpa e non deve togliergli la possibilità di una risposta. Nella nostra cultura siamo abituati a pensare che criticare le persone, anche in modo punitivo, contribuisca alla loro crescita. Una persona che lega la sua autostima all’approvazione che le mostrano colleghi, amici e familiari, averte un forte disagio di fronte alla critica. Le emozioni negative provate in quei frangenti possono essere di tale forza e pervasività, da mettere la persona in serie difficoltà nel riflettere e agire.

Possiamo perciò distinguere le critiche in costruttive, aggressive e manipolative.

Le critiche costruttive o assertive segnalano in modo positivo, utile ed efficace ciò che non funziona. Sono motivate, cioè viene spiegato il “perché” è stata rivolta quella specifica critica. Sono espresse in termini concreti e con precisi riferimenti, orientate a risolvere difficoltà e problemi, al fine di modificare il comportamento dell’individuo in una specifica situazione. Sono rivolte al comportamento e non alla persona, perciò mettono il soggetto nelle condizioni di riflettere il proprio modo di agire senza per questo sentirsi svalutato e offeso. Offrono alternative di comportamento. Non definiscono l’altro come incapace, non lo sminuiscono né disconfermano.

Al contrario le critiche sono aggressive o manipolative quando in esse prevale l’intenzione, più o meno esplicita, di aggredire l’interlocutore. Le critiche aggressive sono una vera e propria espressione di violenza: chi le mette in atto alza la voce e talvolta si possono verificare situazioni in cui si viene alle mani. Infine, le critiche manipolative possono essere descritte come una forma di aggressione che agisce sulla vittima dall’interno. Mettono la persona nella condizione di non dover tradire l’aspettativa di chi fa la critica. Sono generiche, totalizzanti, non giustificate, riferite alla persona e non al comportamento; hanno come fine quello di esercitare un controllo sul comportamento dell’altro ma soprattutto sui sentimenti facendo vivere senso di colpa, ansia, senso di impotenza e ignoranza. Inoltre possono creare un effetto negativo profondo e duraturo sull’autostima di chi le riceve.

Quindi per fare una critica costruttiva in modo assertivo è bene dichiarare l’argomento della critica e parlare in prima persona, esplicitando il comportamento oggetto della critica, esprimendo il disagio e facendo la richiesta. E’ utile ricordarsi di criticare il comportamento e non la persona e il suo valore, mantenendo l’attenzione sul problema e non sull’interlocutore, altrimenti la critica diventa aggressiva.

A tal fine si possono individuare tre tappe:

  • descrizione dell’evento: “sei arrivata tardi”;
  • espressione del disagio: “mi sono preoccupata”;
  • richiesta di cambiamento: “mi piacerebbe che quando succede mi avvisassi del ritardo”.

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Autore dell’articolo

Dott. Federico Betti

Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, perfezionato in Problemi e Patologie Alcol-Correlate presso Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, terapeuta EMDR. Svolge attività clinica libero-professionale presso l’Istituto IPSICO di Firenze. Socio CBT-Italia e dell’Associazione per l’EMDR in Italia. Membro del comitato scientifico dell’ Associazione Plesso-Lesi Italiana (APLI). Attualmente si occupa di problematiche legate ai disturbi di panico e d’ansia, alle dipendenze ed al trauma.

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