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Il disturbo affettivo stagionale

È noto ormai da tempo come le variazioni ambientali legate alle stagioni possano influenzano il comportamento e l’umore dell’uomo.

Ippocrate fu il primo, nel 400 a.C., a descrivere un disturbo depressivo legato all’andamento stagionale e, nel II secolo a.C., i medici greco-romani erano soliti trattare la depressione con l’esposizione alla luce solare direttamente negli occhi.

Pinel e il suo allievo Esquirol (1845) furono invece i primi a distinguere i sottotipi di depressione invernale ed estiva, ma solo nel 1984 Rosenthal e colleghi descrissero i criteri diagnostici del cosiddetto “Disturbo Affettivo Stagionale” (SAD), caratterizzato da depressione in autunno e inverno e periodi di benessere in primavera ed estate.

Il SAD è una patologia cronica che presenta episodi depressivi ciclici. I suoi sintomi più comuni sono:

  • ipersonnia o insonnia
  • iperfagia (con particolare predilezione per i carboidrati), con conseguente aumento ponderale
  • stanchezza mentale e fisica
  • mancanza di energie
  • difficoltà di concentrazione
  • generale senso di confusione
  • irritabilità.

Benché il disturbo affettivo stagionale sia stato ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica, tuttavia nel DSM-IV non figurava come categoria nosografica autonoma, ma piuttosto come modalità di decorso dei Disturbi dell’Umore; da un punto di vista clinico, la sintomatologia che caratterizza i pazienti affetti da SAD rientra tra le manifestazioni depressive che il DSM-IV descriveva come “atipiche”.

Nei pazienti con SAD, infatti, l’umore, pur essendo depresso, si presenta come reattivo (ovvero coloro che ne sono colpiti sono capaci di rallegrarsi quando si trovano di fronte a eventi positivi, Cfr. DSM-IV).

La deflessione del tono dell’umore, inoltre, è tipicamente accentuata nelle ore serali; altri sintomi depressivi “atipici” che si riscontrano in pazienti affetti da tale patologia sono l’iperfagia, l’incremento ponderale, l’ipersonnia, l’anergia e la letargia.

In base al decorso, si distinguono due forme di SAD: la “forma invernale” e la “forma estiva”.

Nella “forma invernale”, che rappresenta la modalità di presentazione prevalente, la sintomatologia depressiva ha inizio durante la stagione autunnale, raggiunge il massimo dell’intensità durante la stagione invernale e si risolve, parzialmente o totalmente, all’inizio della stagione primaverile.

Nella “forma estiva”, invece, gli episodi depressivi si presentano all’inizio della stagione primaverile, raggiungono l’acme nel periodo estivo e si risolvono all’inizio della stagione autunnale.

Come precedentemente accennato, fino alla scorsa edizione del DSM, questo disturbo non veniva catalogato come entità nosografica specifica, ma come una semplice forma di depressione con andamento ciclico e regolare.

Nell’ultima recentissima edizione del Manuale (DSM-5), invece, il Disturbo Affettivo Stagionale viene descritto come una vera e propria categoria diagnostica e come tale trattato.

Sono stati elaborati diversi modelli teorici in grado di spiegare la fisiopatologia del SAD, ma solo recentemente ci si è posto l’interrogativo su cosa davvero può essere causa di malumore, tristezza, melanconia o depressione in alcune persone, proprio durante questi periodi dell’anno.

Forse alla domanda sono riusciti a rispondere i ricercatori dell’Università di Copenhagen, con uno studio i cui risultati sono stati predentati alla XII International Conference on Neuropsychopharmacology di Londra.

Il problema, secondo quanto emerso dagli studi della dott.ssa Brenda Mc Mahon e colleghi, starebbe da ricercare nei livelli di produzione di serotonina, che cambierebbero in base alle stagioni e alla quantità di luce presente. Le persone che sviluppano il SAD avrebbero dunque un problema con la serotonina e i livelli di SERT, il trasportatore di questo neurotrasmettitore, chiamato non casualmente anche ormone del buonumore.

Per osservare cosa accade nei cervelli delle persone, i ricercatori hanno reclutato 11 persone con SAD e 23 volontari sani per il confronto. Utilizzando una Tomografia a Emissione di Positroni (PET), hanno eseguito delle scansioni del cervello: sono così stati in grado di osservare differenze significative dall’estate all’inverno nei livelli del SERT nei pazienti che soffrivano di SAD.

In particolare, i volontari con SAD avevano livelli più elevati di SERT nei mesi invernali, che corrispondono a una maggiore rimozione di serotonina in inverno, mentre questo non accadeva con i volontari sani. Secondo i ricercatori questi risultati confermano ciò che altri hanno in precedenza sospettato.

«Crediamo di aver trovato il modo in cui il cervello si trasforma quando deve regolare la serotonina al mutare delle stagioni – ha spiegato la dott.ssa Mc Mahon – Il trasportatore della serotonina (SERT) conduce indietro la serotonina nelle cellule nervose in cui non è attiva, in modo che più alta è l’attività SERT, minore è l’attività della serotonina».

«La luce del sole mantiene questa impostazione naturalmente bassa – aggiunge la ricercatrice – ma quando le notti si allungano durante l’autunno, aumentano i livelli di SERT, con conseguente diminuzione dei livelli di serotonina attivi. Molte persone non sono realmente interessate dal SAD, e abbiamo scoperto che queste persone non hanno questo aumento di attività del SERT, così i loro livelli di serotonina attivi rimangono elevati per tutto l’inverno».

Il Disturbo Affettivo Stagionale è comunque abbastanza diffuso; ne soffre circa il 20% della popolazione americana e circa 12 milioni di persone nella sola Europa del Nord.

«Sappiamo che una dieta equilibrata, il ridurre l’assunzione di caffeina e fare un po’ di esercizio fisico possono aiutare, come anche il trascorrere più tempo possibile all’aria aperta, perché anche quando è nuvoloso la luce è sempre superiore che al chiuso.

Certamente è un disturbo da non sottovalutare e da trattare anche con il supporto di specialisti preparati e competenti», conclude la dott.ssa Mc Mahon.

Attualmente, ci sono due tipologie di trattamenti evidence-based che risultano efficaci per il SAD: la terapia farmacologica con antidepressivi e la fototerapia (la cui efficacia è stata dimostrata in vari studi).

La fototerapia è considerata attualmente la prima metodica di trattamento per il SAD, secondariamente viene adottata la terapia foarmacologica a base di antidepressivi.

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Eleonora Stopani

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Lavora presso l'Istituto IPSICO di Firenze. Docente interno e supervisore della Scuola Quadriennale di Specializzazione in Psicoterapia. Si occupa primariamente di disturbi dell'umore (in particolare di depressione post-partum), di disturbo ossessivo-compulsivo e di altri disturbi dello spettro ansioso. Ha pubblicato vari articoli scientifici su tali argomenti. Dopo varie collaborazioni con l'Università di Firenze e la ASL Centro (Firenze), attualmente è consulente di alcune associazioni per le quali si occupa di psiconcologia, terapia della dignità nel fine vita, aspetti psicologici ed emotivi della difesa personale, bullismo e violenza tra minori.

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