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Come gestire la rabbia: esprimerla, sfogarla, contenerla.

Strategie per gestire la rabbia

Cosa è la rabbia

La rabbia è definita come la risposta emotiva ad una reale o immaginata minaccia o provocazione (Baumeister & Bushman, 2021). Essa entra a pieno diritto tra le emozioni fondamentali: quel gruppo di emozioni che la letteratura indica come universali e condivise da tutta la specie umana.

La presenza trasversale in tutte le popolazioni indica che la rabbia ha un valore adattivo ovvero assolve alla funzione di indicare all’individuo che i suoi diritti sono lesi, i suoi scopi ostacolati, la sua incolumità minacciata (Izard & Buechler, 1980).

Rabbia, ostilità e aggressività

Rabbia non è sinonimo né di ostilità né di aggressione. La prima riguarda un atteggiamento persistente di sfiducia verso il mondo e gli altri, l’aggressività un atto reale e intenzionale di ferire l’altro che può avvenire senza che l’emozione di rabbia sia presente.

Nei fatti l’espressione della rabbia non necessariamente conduce all’aggressione, anzi, in molti casi può prevenire l’aggressione inducendo l’altro a scusarsi per ciò che ha fatto (Izard, 2003).

La funzione della rabbia

Pertanto la rabbia da un lato prepara all’azione attraverso modificazioni fisiologiche che orientano il pensiero e il comportamento affinché vi sia una riparazione del danno subito o una rimozione dell’ostacolo, dall’altro permette di comunicare agli altri il proprio stato di animo e di influenzarne la condotta (Linehan, 2001).

A differenza delle altre emozioni negative come la tristezza, la paura o il disgusto, la rabbia motiva la persona ad andare verso la fonte della rabbia e lo fa attraverso un innalzamento dello stato di attivazione del corpo definito arousal: le abilità motorie aumentano e il flusso sanguigno si dirige ai muscoli (Izard & Ackerman, 2000).

Seppur esperita come negativa, la rabbia fa percepire la persona più forte, reattiva, pronta per lo scontro (Shaver et al., 1987), tanto che sul piano cognitivo le persone arrabbiate arrivano a sopravvalutare le probabilità di vincere uno scontro verbale o fisico.

Imparare a esprimere la rabbia

Rabbia ed espressione della rabbia sono due concetti distinti. Fattori culturali e storici influenzano le modalità che consideriamo appropriate di espressione della rabbia in particolare rispetto al genere e l’età. La letteratura, ad esempio, indica che nella popolazione femminile l’espressione della rabbia è maggiormente scoraggiata (Thomas, 2001).

Un elemento chiave nel processo di gestione della rabbia è la possibilità di aver avuto contatto con modelli di comportamento funzionali circa la sua espressione.

Aver osservato i genitori o i caregiver che pur arrabbiati esprimevano in modo sano le proprie emozioni e le usavano per affrontare la situazione favorisce nei bambini lo sviluppo di quel tipo di intelligenza denominata “intelligenza emotiva” (Mayer, 1999).

Purtroppo le influenze culturali possono agire anche in senso opposto. Figlia della socializzazione culturale è l’idea che la rabbia sia una emozione da eliminare in quanto socialmente dannosa. Eliminarla non solo è psicologicamente e fisiologicamente impossibile, ma nemmeno auspicabile dal momento che senza la rabbia l’individuo resterebbe incapace di marcare i confini relazionali, porre limiti agli altri e protestare per i propri diritti.

Come gestire la rabbia

Secondo Thomas (2001) una gestione emotivamente intelligente della rabbia implica quattro elementi:

  • La capacità di modulare l’attivazione fisiologica eccessiva
  • La capacità di contrastare le credenze erronee e i pensieri distorti che contribuiscono a mantenere alta l’attivazione fisiologica
  • Ridurre gli stimoli ambientali che sostengono lo stato di rabbia
  • La capacità di modificare i comportamenti che non aiutano a risolvere la causa della rabbia (problem solving)

Quando è utile un percorso di gestione della rabbia?

La maggioranza degli esperti concorda sulla necessità di intervento terapeutico quando l’emozione di rabbia risulta troppo frequente, troppo intensa, dura per troppo tempo, conduce a comportamenti lesivi o porta al deterioramento dei rapporti sociali (Thomas, 2001).

Alcune domande che possono essere fatte per fare questa valutazione sono:

  • Quanto è intensa la rabbia? È giustificata dalla situazione reale che l’ha scatenata?
  • Quanto dura un tipico episodio di rabbia? Minuti, ore o giorni?
  • Sono presenti azioni fisiche verso l’esterno mentre si è arrabbiati? Ci sono aggressioni?
  • È presente un rimuginio rabbioso che riaccende la rabbia più e più volte?
  • La rabbia è repressa e nascosta?
  • Quali e quanti sono i temi che scatenano la rabbia?
  • Lo stato di rabbia comporta problemi sul lavoro o nelle relazioni intime?

Come funziona la rabbia: l’analogia della pentola a pressione

Già nel 1966 il premio Nobel Konrad Lorentz propose un modello idraulico della rabbia: se la frustrazione si accumula nella persona essa porterà la rabbia ad aumentare nel tempo finché, proprio come in un pistone idraulico, essa non sarà rilasciata in qualche modo.

Simile a questa metafora è l’analogia con la pentola a pressione (Lhor et al. 2007). La persona sarebbe una pentola a pressione e la rabbia sarebbe il vapore contenuto al suo interno. Maggiore sarà il calore (le cause) che fomentano la rabbia, maggiore sarà la pressione interna e maggiore sarà la probabilità che la persona non riesca più a contenere la rabbia e questa fuoriesca. Se la rabbia è troppo intensa o cresce troppo velocemente potrebbe addirittura portare ad una “esplosione”.

Seguendo questa analogia, dunque, potrebbero essere immaginati tre approcci possibili alla gestione della rabbia:

  • Far uscire periodicamente il vapore, cioè esprimere periodicamente la rabbia
  • Aumentare il contenimento ovvero sopprimere l’emozione
  • Abbassare o ridurre la fiamma che mantiene alto il calore: cambiare le condizioni interne ed esterne che sostengono la rabbia

Contenere la rabbia

Delle tre possibilità, la seconda è quella che sappiamo essere la meno efficace conducendo a infelicità e talvolta somatizzazioni fisiche come un aumento di rischio cardiaco, alta pressione, ipertensione, stati depressivi e scarso benessere sociale (Chervonsky & Hunt, 2017).

Coloro che sopprimono abitualmente la rabbia tendono ad avere un atteggiamento comunicativo volto alla passività che rischia di inibirne la capacità di protestare davanti alle ingiustizie e proteggersi dai danni (Berkowitz, 1990).

Sfogare la rabbia

La prima opzione, esprimere la rabbia, è stata considerata una buona possibilità per molto tempo.

Già Freud era un fermo sostenitore dell’espressione della rabbia (Teoria Catartica). Nei modelli più recenti spesso è consigliato di far ventilare la rabbia ovvero permettere alla persona di esprimerla verbalmente o “scaricarla” facendo attività fisica o, addirittura, colpendo un cuscino.

La realtà dei fatti, tuttavia, appare più complessa. Una recente meta-analisi ha evidenziato come non solo ventilare la rabbia possa rinforzare lo stato di rabbia, ma può favorire problemi cardiaci (Miller et al., 1996).

Similmente l’attività fisica, spesso indicata come mezzo per “sfogare” la rabbia e nonostante funzioni nel regolare stati di tristezza e ansia, sembra diventare un fattore di mantenimento della rabbia stessa. Infatti, l’aumento di attivazione fisiologica dovuta all’esercizio va ad aumentare l’arousal già presente per lo stato di rabbia favorendo un circolo vizioso.

Pertanto, “sfiatare il vapore dalla pentola” sembra essere una buona strategia in teoria, in pratica lo è molto meno.

Agire sulle condizioni che generano rabbia

La terza opzione è ridurre il calore. Secondo il modello Cognitivo-Comportamentale ciò che produce una emozione è l’interpretazione cognitiva della realtà.

Le persone non rispondono direttamente alla realtà, ma alle interpretazioni che di essa hanno e che, talvolta, è distorta o incompleta. La presenza di distorsioni ed errori di pensiero può indurre reazioni emotive anche molto intense.

La terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) pone il suo accento proprio sulla modificazione di questi pensieri e credenze e, quindi, sulla conseguente riduzione della rabbia (Toohey, 2021).

La letteratura recente ha indicato come effettivamente la TCC sia una buona opzione per sviluppare una buona gestione della rabbia.

Una quarta possibilità

A questo punto l’analogia della pentola a pressione mostra il suo limite. Esiste, infatti, una quarta possibilità: agire direttamente sul vapore raffreddandolo.

La letteratura (Lohr et al., 2007) indica che agire direttamente sull’attivazione fisiologica connessa alla rabbia favorisce una sua miglior gestione. Le emozioni sono vissute nel corpo, è possibile calmare il corpo senza sopprimere l’emozione?

A tal fine esistono due possibilità:

  • Tecniche di rilassamento come la respirazione diaframmatica o il rilassamento muscolare progressivo (Toohey, 2021)
  • Tecniche di meditazione come, ad esempio, la meditazione mindfulness

Per quanto i due gruppi di interventi abbiano un razionale di fondo opposto – il rilassamento mira a cambiare lo stato fisiologico, la meditazione a fare spazio all’emozione accettandola – entrambi si sono rivelati capaci di “raffreddare” l’arousal e consentire alla persona di gestire funzionalmente la rabbia (Kjærvik & Bushman, 2023).

Che fare sul momento per gestire la rabbia?

Ecco alcune strategie possibili volte a rendere gestibile la rabbia nel momento stesso in cui è presente:

  • Non fare niente. Letteralmente. La ricerca indica che se la persona si siede senza nulla da fare o pensare per almeno due minuti, questo riduce il tasso di rabbia e la probabilità di aggressioni (Bushman, 2001).
  • Sorridere. La ricerca indica come modificare la propria espressione facciale in opposizione all’emozione provata abbia un effetto inibitorio a livello dell’encefalo dell’emozione stessa che, a quel punto, diverrà maggiormente tollerabile.
  • Distrarsi consapevolmente dedicandosi ad una attività non correlata al motivo della rabbia.
  • Procedere alla meditazione del respiro (Mindfulness)
  • Esplorare i pensieri che sostengono la rabbia e valutare se sono presenti giudizi affrettati, errori di pensiero o punti di vista alternativi
  • Chiedersi il significato della rabbia. Cosa vuole comunicare? Cosa dice su di me?
  • Chiedersi “Come posso usare l’energia proveniente dalla rabbia per negoziare/costruire una soluzione all’evento o condizione che mi ha fatto arrabbiare?”

Interventi strutturati di gestione della rabbia

Gestire la rabbia significa averne consapevolezza e modularne l’espressione in modo da renderla funzionale nel contesto specifico in cui è emersa (Gross & Munoz, 1995).

Tra gli interventi strutturati troviamo:

  • La psicoterapia Cognitivo-Comportamentale individuale. Questo intervento ha l’obiettivo di modificare i pensieri disfunzionali che sostengono gli stati rabbiosi e favorire nuovi comportamenti attraverso le abilità di problem solving.
  • Gruppi di gestione della rabbia in cui l’elemento di gruppo permette di normalizzare i propri vissuti aumentando la consapevolezza circa l’universalità della rabbia.
  • I training di assertività volti ad acquisire le abilità comunicative necessarie per esprimere la rabbia in modo funzionale sia essa troppo intensa sia essa bloccata e inibita.

Conclusioni

La rabbia è una emozione importante che garantisce il benessere e il funzionamento di ognuno di noi. Conoscerla, averne consapevolezza e saperla gestire può aiutare a usarne tutto il potenziale trasformativo.

Assumersi la responsabilità di sviluppare un buon rapporto con essa è un aspetto chiave per poter vivere una vita appagante.

Esistono strumenti, come la Terapia Cognitivo-Comportamentale, che aiutano a raggiungere questo obiettivo e che possono modificare gli automatismi che rendono la persona intrappolata in stati rabbiosi.

Bibliografia

  • Baumeister, R. F., & Bushman, B. J. (2021). Social psychology and human nature (5 th ed.). Cengage Learning.
  • Berkowitz, L. (1990). On the formation and regulation of anger and aggression: A cognitive-neoassociationistic analysis. American Psychologist, 45(4), 494–503. https://doi.org/10.1037/0003-066x.45.4.494
  • Chervonsky, E., & Hunt, C. (2017). Suppression and expression of emotion in social and interpersonal outcomes: A meta-analysis. Emotion, 17(4), 669–683. https://doi.org/10.1037/emo0000270
  • Gross, J. J., & Muñoz, R. F. (1995). Emotion Regulation and Mental Health. Clinical Psychology: Science and Practice, 2(2), 151–164. https://doi.org/10.1111/j.1468-2850.1995.tb00036.x
  • Izard, C. E., & Buechler, S. (1980). ASPECTS OF CONSCIOUSNESS AND PERSONALITY IN TERMS OF DIFFERENTIAL EMOTIONS THEORY. Theories of Emotion, 165–187. https://doi.org/10.1016/b978-0-12-558701-3.50013-2
  • Kjærvik, S. L., & Bushman, B. J. (2023). Effect of a Gun Safety Video on Children’s Behavior Around Real Guns. JAMA Pediatrics, 177(9), 903–903. https://doi.org/10.1001/jamapediatrics.2023.2397
  • Lewis, M., & Haviland-Jones, J. (2008). Handbook of Emotions, Third Edition. Guilford Publications.
  • Linehan, M. M. (1993). Cognitive-Behavioral Treatment of Borderline Personality Disorder. Guilford Press.
  • Lohr, J., Olatunji, B., & Sawchuk, C. (2007). A functional analysis of danger and safety signals in anxiety disorders. Clinical Psychology Review, 27(1), 114–126. https://doi.org/10.1016/j.cpr.2006.07.005
  • Mayer, J.D. (1999). Emotionalintelligence: Popular or scientific psychology?American Psychological Association Monitor, 30(8), 20.
  • Miller, T. Q., Smith, T. W., Turner, C. W., Guijarro, M. L., & Hallet, A. J. (1996). A meta-analytic review of research on hostility and physical health. Psychological Bulletin, 119(2), 322–348. https://doi.org/10.1037/0033-2909.119.2.322
  • Shaver, P., Schwartz, J., Kirson, D., & O’Connor, C. (1987). Emotion knowledge: further exploration of a prototype approach. Journal of Personality and Social Psychology, 52(6), 1061–1086. https://doi.org/10.1037//0022-3514.52.6.1061
  • Sophie Lyngesen Kjærvik, & Bushman, B. J. (2024). A meta-analytic review of anger management activities that increase or decrease arousal: What fuels or douses rage? Clinical Psychology Review, 109, 102414–102414. https://doi.org/10.1016/j.cpr.2024.102414
  • Thomas, S. P. (2009). Teaching Healthy Anger Management. Perspectives in Psychiatric Care, 37(2), 41–48. https://doi.org/10.1111/j.1744-6163.2001.tb00617.x
  • Toohey, M. J. (2021). Cognitive behavioral therapy for anger management. Handbook of Cognitive Behavioral Therapy: Applications (Vol. 2)., 331–359. https://doi.org/10.1037/0000219-010

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Autore dell’articolo

Dott. Duccio Baroni

Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Dottore di ricerca in Scienze Cliniche, da anni si interessa ai disturbi della sfera dell ansia sociale sia sul piano clinico che di ricerca.
Autore di numerosi articoli scientifici, ha perfezionato la propria esperienza clinica presso l'Istituto IPSICO di Firenze dove si occupa di disturbi della personalità e della coppia. Membro del Centro d Eccellenza per i Disturbi d'Ansia Sociale (CEDAS); socio professionista dell Associazione Italiana Disturbi dell Ansia Sociale (AIDAS) e della Società Italiana per la Schema Therapy (SIST). Lavora come psicologo sia a Firenze che a Prato. Profilo linkedin

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