Le tecniche di rilassamento rientrano nella categoria degli interventi psicofisiologici, cioè quegli interventi che prendono in considerazione l’inscindibile interazione tra vissuti mentali e vissuti corporei, cercando integrazione ed equilibrio tra le due componenti. Il rapporto tra mente e corpo è stato fin dai tempi antichi ed è tuttora oggetto di grande interesse.
Mentre la ricerca indaga sempre più le complesse funzioni che il livello mentale esercita in ogni istante su quello biologico, ognuno di noi è già diretto testimone del nesso tra vissuti mentali e fisici ogni volta che sperimentiamo una forte emozione o un cambiamento fisico in relazione ad un pensiero che attraversa la nostra mente.
Che cos’è lo stato di rilassamento?
Lo stato di rilassamento che si induce con le tecniche di rilassamento è lo stato normale dei nervi e dei muscoli quando non sono a lavoro. E’ la condizione psicofisica caratterizzata principalmente da riduzione al minimo della tensione muscolare ma anche da riduzione della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, dell’attività secretoria delle ghiandole sudoripare, della frequenza respiratoria e modificazione dell’attività cerebrale verso i parametri indicanti uno stato di calma mentale.
La misurazione di tali parametri ha permesso di raccogliere una importante mole di dati che conferisce valenza scientifica alle tecniche di rilassamento. E tali modificazioni specifiche dell’attività dell’organismo sono accompagnate da sensazioni psichiche di benessere, serenità, tranquillità.
Raggiungere uno stato di rilassamento attraverso tecniche di rilassamento significa ridurre la tensione muscolare e l’iperattivazione nervosa ed emotiva che tutti noi sperimentiamo quando siamo sotto stress.
Quando ci troviamo in una situazione che ci spaventa o che percepiamo come minacciosa, la mente vede il pericolo e il corpo reagisce automaticamente con una serie di risposte fisiologiche che ci mettono in atteggiamento di difesa predisponendo il corpo stesso all’attacco o alla fuga, preparando quindi una vera e propria reazione fisica rispetto ad un pericolo reale.
Il cuore comincia a pompare, la pressione del sangue sale, la respirazione diventa rapida e superficiale, la temperatura del corpo sale, iniziamo a sudare; i muscoli entrano in tensione pronti a scattare. Il livello di zuccheri nel sangue si alza in previsione di un immediato fabbisogno di energia; le ghiandole surrenali secernono una maggiore quantità di ormoni eccitatori (cortisolo, adrenalina, noradrenalina). Il sistema immunitario viene allertato in previsione di possibili ferite. La mente inizia a lavorare freneticamente per cercare la via di fuga.
Si tratta di una reazione di allarme e “attacco – fuga”, ben conosciuta a che soffre di attacchi di panico: il motore è impostato “avanti tutta”. Il tutto dovrebbe durare il tempo necessario a risolvere il problema, in modo da far cessare lo stato di allarme e tornare alla condizione psicofisica di equilibrio “rilassato”.
Purtroppo però, al giorno d’oggi, il pericolo percepito è molto spesso solo dentro la nostra mente; quelle che percepiamo come minacce sono spesso pensieri rispetto al passato o al futuro e in questo modo la reazione di allarme può perdurare per molto tempo, così come lo stato di tensione.
Spesso rimaniamo fermi (magari mentre sediamo a lavoro alla nostra scrivania o mentre siamo seduti in macchina) e bloccati negli stati di ansia, senza trovare modo di agire in modo da scaricare la mole di energia prodotta dal corpo durante la reazione di allarme, rendendo sempre più difficile la possibilità di ritornare allo stato psicofisico di riposo e rilassamento. Da qui l’utilità delle tecniche di rilassamento.
Le tecniche di rilassamento nella terapia comportamentale
Tutte le diverse scuole psicoterapeutiche hanno mostrato da sempre interesse per il rilassamento, utilizzando le svariate tecniche possibili come metodo di accesso alle emozioni e nei disturbi caratterizzati da ansia. Ma è grazie al lavoro di Wolpe che le tecniche di rilassamento diventano componente fondamentale della strategia psicoterapeutica.
Wolpe (1958) iniziò infatti ad usare il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson nella tecnica della desensibilizzazione sistematica, dove la componente di rilassamento veniva associata ad una specifica situazione attivante per la persona. Basandosi sul principio dell’ “inibizione reciproca”, se ad una persona vengono presentati stimoli ansiogeni (in vivo o in immaginazione) e contemporaneamente viene indotto uno stato di rilassamento, l’incompatibilità tra ansia e rilassamento porterà a una progressiva riduzione della paura e della tensione.
La psicologia comportamentale si è proposta infatti, fin dai suoi albori, di individuare specifiche tecniche e procedure psicoterapeutiche mirate alla modificazione del comportamento in senso più funzionale per la persona e così al trattamento dei diversi disturbi psicologici. Questo approccio indirizzato al cambiamento passa attraverso una piena e costante attenzione alle risorse del soggetto, alle sue abilità di coping e fronteggiamento.
Le tecniche di rilassamento mirano infatti principalmente all’apprendimento di strategie di riduzione dell’ansia e dell’attivazione psicofisiologica, ma producono anche un effetto cognitivo molto importante: aumentano autostima e senso di efficacia personale, favorendo la consapevolezza del fatto che le proprie risposte corporee sono almeno in parte controllabili.
Nell’attuale terapia cognitivo-comportamentale il ruolo dell’apprendimento al rilassamento è ancora molto importante ma viene data anche più attenzione ad un corretto utilizzo di tali apprendimenti. Nei protocolli per i disturbi di ansia, e in particolare per il trattamento degli attacchi di panico, è infatti diventato molto importante valutare che il rilassamento non venga utilizzato come comportamento protettivo o strategia di evitamento rispetto a sensazioni corporee che vengono erroneamente ritenute pericolose (al pari dei farmaci ansiolitici), facendo quindi attenzione all’utilizzo di tali esercizi nel caso interferiscano con la riduzione delle credenze catastrofiche alla base dei disturbi.
Cos’è il rilassamento muscolare progressivo?
Esistono svariate tecniche di rilassamento e il rilassamento muscolare progressivo è una delle più conosciute. E’ stato ideato da Edmund Jacobson intorno al 1920, negli Stati Uniti, per la terapia di quei disturbi psicosomatici per i quali al tempo non si trovava cura adeguata. Da allora il suo sistema è arrivato fino ai giorni nostri adattato in varie forme e modi e il motivo di questo lungo successo è semplice: funziona e può essere appreso da chiunque e a qualunque età.
In realtà la forma originale richiede un notevole impegno ed è difficilmente utilizzabile, con esercizi da eseguire più volte al giorno per svariate settimane. Si deve però all’opera degli psichiatri e psicoterapeuti comportamentali come Wolpe e Bernstein e Borkovec (1973) l’adattamento della forma originale a forme abbreviate che permettono di ottenere ugualmente effetti terapeutici, soprattuto spostando l’ambito di applicazione dai disturbi psicosomatici alle problematiche caratteristiche dei disturbi di ansia.
Il rilassamento muscolare progressivo è una tecnica di rilassamento che ha come obiettivo primario quello di ridurre la tensione muscolare residua che permane nei muscoli quando la persona è in condizione di riposo. Si basa su esercizi di contrasto, cioè di contrazione e poi rilascio di gruppi muscolari, grazie ai quali la persona impara progressivamente a rilassare i muscoli del corpo.
Questa procedura è stata pensata da Jacobson per aiutare le persone a cogliere meglio e discriminare la differenza tra lo stato di tensione e lo stato di rilassamento. Un vero e proprio allenamento alla consapevolezza del senso muscolare. La nostra incapacità a cogliere le tensioni muscolari, se non dopo che hanno raggiunto livelli elevati, deriva sia da un sempre più diffuso mancato ascolto del corpo, a cui siamo poco abituati perché difficilmente ci viene insegnato, sia da un cronico eccesso di tensione.
Si tratta quindi si un approccio non “mentale” ma “somatico”, che si basa però sul rapporto reciproco tra mente e corpo: partendo dal lavoro sui muscoli, la tecnica di rilassamento mira ad una riduzione dell’attivazione fisiologica, ma anche mentale, portando un riverbero a livello emotivo e cognitivo. Attraverso il training viene raggiunta in modo sistematico una diminuzione della tensione della muscolatura volontaria, che a sua volta provoca una distensione psichica.
La più profonda sensazione di calma induce, a sua volta, una maggiore distensione muscolare determinando una sorta di processo circolare all’interno del quale quanto più si rilassano i muscoli tanto più gli individui diventano calmi; tanto più l’individuo diventa calmo quanto più i muscoli si rilassano e cosi via. Fondamentale per ottenere benefici dal training di rilassamento è l’allenamento regolare.
Soltanto con la pratica la persona può acquisire la capacità di rilassarsi e sempre più velocemente. E nelle fasi iniziali è molto importante anche il ruolo del terapeuta per la spiegazione del razionale, il mantenimento della motivazione e nella guida rispetto alle difficoltà incontrate.
Per chi e quando è indicato il rilassamento muscolare progressivo?
Il rilassamento muscolare progressivo non è una panacea per tutti i mali e non “guarisce” le emozioni disfunzionali, ma se le emozioni negative corrispondono ad alterazioni del tono muscolare nella direzione di una maggiore contrazione, la tecnica di rilassamento permette una “distensione” e un “alleggerimento” che aiuta la persona nelle tensioni e sfide quotidiane o nei momenti in cui vuole comprendere meglio e lavorare sul proprio mondo interno.
Il rilassamento muscolare progressivo è prima di tutto diretto alle persone che riconoscono di avere un elevato livello di tensione fisica e mentale che interferisce nella loro vita quotidiana. Può beneficiarne chi soffre di: insonnia, disturbi di ansia (disturbo da attacchi di panico, fobie specifiche, ansia sociale, ansia anticipatoria, ecc), disturbi post traumatici, cefalee muscolo tensive e altri disturbi psicosomatici, dolore cronico, ecc.
Il rilassamento muscolare progressivo viene molto utilizzato anche in ambito sportivo e nel coaching lavorativo per il perseguimento di prestazioni di alto livello.
Le nuove frontiere della ricerca sulle tecniche di rilassamento
Uno studio recentemente pubblicato su Frontiers in Immunology getta nuova luce sugli effetti degli interventi mente – corpo. Lo studio mostra come i benefici di tali pratiche non si limitano a farci entrare in uno stato fisiologico di rilassamento, ma potrebbero avere implicazioni ben più profonde: sembrerebbero infatti in grado di correggere le alterazioni molecolari del DNA causate dallo stress. I risultati di questa ricerca sono frutto della revisione di oltre un decennio di studi sugli effetti delle tecniche mente – corpo sul comportamento dei geni.
Quando le persone sono esposte ad un evento stressante si ha una attivazione del sistema nervoso simpatico che a sua volta determina un aumento della produzione di una sostanza in grado di regolare l’espressione dei geni, attivando quelli preposti alla produzione di proteine che determinano infiammazione a livello cellulare. Gli effetti infiammatori della reazione “attacco-fuga”, che rinforza temporaneamente l’attività del sistema immunitario, hanno giocato un ruolo filogenetico importante nella preistoria dell’uomo cacciatore-raccoglitore, quando era ad alto rischio di infezioni derivanti dalle ferite.
Ma nella società attuale, imbevuta di stress prevalentemente psicologico e di lunga durata, la persistente espressione dei geni pro-infiammatori sembra determinare problemi medici e psichiatrici (come la depressione), piuttosto che proteggere dall’attacco di qualche predatore.
Secondo ii risultati di questo studio, le persone che praticano tecniche di rilassamento presentano gli effetti opposti, ovvero una ridotta produzione delle sostanza che attiva i geni pro-infiammatori, il fattore Nucleare-K, con una inversione del pattern di espressione genica. Sembrerebbe quindi che tali tecniche possano correggere gli effetti dello stress indirizzando i processi del DNA in una direzione favorevole al nostro benessere.