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Coronavirus: la ferita morale degli operatori sanitari

operatori sanitari coronavirus

Ogni operatore sanitario, che lavora nell’area dell’emergenza-urgenza, ha un livello molto alto di quella che noi psicologi chiamiamo resilienza, vale a dire la capacità di risposta ad eventi potenzialmente traumatici.

Questa è una capacità che ogni operatore ha sviluppato negli anni di professione avendo a che fare con emergenze, lutti e situazioni particolarmente gravi.

L’emergenza da coronavirus ha comportato livelli di complessità che vanno oltre a ogni situazione vissuta precedentemente. Questo ha avuto una potente ricaduta emotiva e psicologica sui professionisti sanitari impegnati in prima linea.

La difficile scelta etica

Una delle criticità che ha caratterizzato il lavoro degli operatori sanitari in questi mesi di pandemia ha avuto a che fare con il dilemma di operare una scelta etica. Non potendo garantire a tutti i pazienti positivi al coronavirus l’intubazione e l’accesso in terapia intensiva, quale paziente ricoverare in terapia intensiva e quale rifiutare?

A tal proposito, la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) ha pubblicato un testo rivolto ai colleghi. In base a questo le risorse, non accessibili per tutti, dovessero essere riservate a chi aveva più probabilità di sopravvivenza e, secondariamente, a chi poteva avere più anni di vita salvata.

Questa indicazione ha cambiato il paradigma sanitario che prevede l’uguaglianza delle cure, indipendentemente da età o probabilità di sopravvivenza. A una questione etica, politica, si aggiungono potenti implicazioni psicologiche. È legittimo pensare che trovarsi di fronte a decidere a chi dare una chance di sopravvivenza, intubando il paziente, e a chi no, possa rappresentare una condizione emotivamente soverchiante per l’operatore sanitario.

Le conseguenze psicologiche delle scelte di cura

Sicuramente capita nella professione medica di dover fare i conti con scelte difficili ma l’emergenza coronavirus ha posto i medici davanti a questo ulteriore livello di complessità non avendo risorse per tutti e ponendo loro, in taluni casi, la questione di chi salvare e chi lasciare morire.

Affrontare la scelta di negare le cure a qualcuno per salvare qualcun altro, a causa della mancanza di risorse di un sistema non in grado di garantire l’assistenza a tutti i suoi cittadini, può rappresentare una sfida per la nostra moralità.

Dinanzi a questo dilemma i medici, pur avendo ricevuto il supporto del documento Siaarti, non sono stati liberati dall’onere del processo decisionale. Di conseguenza dalle implicazioni emotive legate all’impossibilità di fornire un trattamento adeguato a tutti i pazienti con conseguenti perdita di vite umane.

Non è ancora chiaro come simili eventi possano aver impattato sugli operatori ma è legittimo supporre che alcuni di loro possano sperimentare un certo livello di sofferenza morale, quella che in letteratura prende il nome di moral injury.

Il moral injury degli operatori sanitari

Un recente studio pubblicato sul British Medical Journal (Greenberg, Docherty, Gnanapragasam & Wessely, 2020) ha indicato il moral injury come uno dei rischi per la salute mentale degli operatori impegnati nell’emergenza covid-19.

La maggior parte delle ricerche sul moral injury è stata condotta con i militari e i veterani di guerra. Questo poiché la natura della guerra e del combattimento creano situazioni in cui le persone possono vivere esperienze che si scontrano fortemente con il proprio codice morale o con i valori propri della vita civile.

Pensiamo per esempio all’uccisione di un combattente nemico, o all’impegnarsi o assistere ad atti di violenza sproporzionata, o anche al provare euforia ed eccitazione nell’uccidere qualcuno.

Sebbene il termine sia stato dunque applicato perlopiù in contesto militare, estenderne l’uso all’ambito sanitario può fornire preziose informazioni sui vissuti degli operatori sanitari. Questi infatti hanno dovuto prendere decisioni difficili relative alla vita e alla morte delle persone. Talvolta ritenevano che avrebbero dovuto e potuto salvare la vita di un paziente ma non sono stati in grado di farlo.

Cosa s’intende per moral injury?

Il moral injury comporta un danno alla propria coscienza quando una persona commette, testimonia o non riesce a prevenire atti che trasgrediscono le proprie convinzioni morali, i propri valori o i propri codici etici di condotta (Litz et al., 2009). Oppure può comportare un profondo senso di tradimento quando ci si sente inadeguatamente supportati da altri in posizione di potere che hanno l’obbligo di farlo.

In circostanze traumatiche o insolitamente stressanti, le persone possono dunque perpetrare, non riuscire a prevenire o assistere a eventi che contraddicono credenze e aspettative morali profondamente radicate. Il moral injury è la conseguenza psicologica, comportamentale, sociale e talvolta spirituale che può derivare dall’esposizione a tali eventi.

Gli esempi di eventi che possono causare moral injury includono:

  • Dover prendere decisioni che influenzano la sopravvivenza degli altri;
  • Fare qualcosa che va contro le proprie convinzioni (atto di commissione: per esempio, arrecare danno agli altri;
  • Non fare qualcosa in linea con le proprie convinzioni (atto di omissione: per esempio, non riuscire a proteggere le persone, per errore o inerzia);
  • Essere testimoni di un atto che viola il proprio codice morale (assistere ad atti contrari alle proprie credenze);
  • Sperimentare il tradimento da parte di altri fidati (per esempio, non sentendosi protetti dai superiori).

Moral injury e emozioni negative

Cosa succede quando un atto che era, o almeno sembrava essere, cruciale e giustificato in un momento di estrema criticità viene rianalizzato alla luce di una violazione dei propri valori e delle proprie convinzioni morali profonde?

Si generano emozioni che possono includere senso di colpa, laddove la persona provi angoscia e rimorso per quell’evento (ad esempio, “Ho fatto qualcosa di brutto”); vergogna, in cui la persona biasima se stessa per il comportamento e lo generalizza a un senso negativo di sè (ad esempio, “Sono cattivo per quello che ho fatto”). Una persona che fa esperienza di tradimento può provare rabbia, risentimento e compromettere la capacità di fidarsi degli altri.

Un’altra emozione distintiva nel caso di moral injury è l’incapacità di perdonare se stessi che può indurre le persone a credere di non meritare di sentirsi meglio, come se dovessero scontare una pena per la trasgressione commessa. La vita di una persona si riempie di disprezzo di sé e di auto-punizione, fino a distruggere il proprio senso di sé come essere umano amorevole e degno di essere curato.

Ci si può sentire indegni, imperdonabili e danneggiati in modo irreversibile (Farnsworth, Drescher, Nieuwsma, Walser & Currier, 2014).

Moral injury e psicopatologia

Questi pensieri ed emozioni possono contribuire all’emergere di disturbi mentali come la depressione e il disturbo da stress post-traumatico. Il moral injury è stato associato anche a tassi più elevati di comportamenti autolesionistici e ideazione suicidaria (Bryan, Bryan, Morrow, Etienne & Ray-Sannerud, 2014).

È noto che il moral injury si manifesti anche come disturbo fisico: sono comuni tensioni muscolari, mal di testa, disturbi gastrointestinali e del sonno, così come sentimenti di stanchezza e frustrazione.

È lecito supporre che il moral injury abbia anche un impatto sulla spiritualità di un individuo. Ad esempio, un individuo potrebbe avere difficoltà a integrare quello che è successo con la propria fede, elicitando il dubbio sulle credenze spirituali che aveva precedentemente.

Moral injury e Disturbo da Stress Post-Traumatico

È importante notare che come non tutti gli individui esposti a situazioni potenzialmente traumatiche sviluppino necessariamente un disturbo da stress post-traumatico. L’esposizione a eventi potenzialmente capaci di indurre moral injury non comporta automaticamente l’emergere di questa condizione.

Sebbene ci possa essere una sovrapposizione di sintomi tra moral injury e disturbo da stress post-traumatico sono due condizioni distinte. Spesso il moral injury è associato al disturbo da stress post-traumatico laddove le situazioni che causano moral injury sono eventi di per sé traumatici per l’individuo.

Come tali, innescano una sintomatologia da disturbo da stress post-traumatico, caratterizzata da ricordi intrusivi, dall’evitamento di persone o luoghi che richiamino in qualche modo l’evento, e da disregolazione emotiva.

A differenza del disturbo da stress post-traumatico, il moral injury non rientra tra i disturbi mentali; ciononostante rappresenta una dimensione che merita di essere indagata.

Affrontare il disagio psicologico degli operatori sanitari

È legittimo pensare che in questo momento, in cui gli operatori sanitari possono riprendere fiato dopo mesi di notti insonni e turni massacranti, la realtà di tutto quanto è stato vissuto possa riemergere alla coscienza.

Anche se l’epidemia non è scomparsa e quindi non possiamo parlare di una vera e propria fase di smobilitazione, vale a dire la fase in cui finita l’emergenza arriva l’impatto emotivo di ciò che è stato vissuto, può essere questo il momento in cui si fa i conti con una guerra che perlopiù è stata combattuta nelle stanze segrete degli ospedali.

In virtù di ciò è importante che, tra i terapeuti che si occupano di trauma, si diffonda la capacità di riconoscere e non ignorare il rischio che alcuni operatori impegnati in prima linea nel fronteggiare l’emergenza covid-19 possano aver sviluppato il moral injury.

Può essere difficile per i pazienti condividere certi eventi moralmente dannosi a causa dei sentimenti di colpa e vergogna ad essi associati. Pertanto i terapeuti dovrebbero essere sufficientemente sensibili nel prestare attenzione ai conflitti interni legati alla violazione di valori morali profondi. Devono cercare di offrire agli operatori sanitari quella cura necessaria a permettere loro il ritorno a un normale funzionamento individuale, lavorativo e sociale.

Bibliografia

  • Bryan, A. O., Bryan, C. J., Morrow, C. E., Etienne, N., & Ray-Sannerud, B. (2014). Moral Injury, suicidal ideation, and suicide attempts in a military sample. Traumatology. Advance online publication. http://dx.doi.org/10.1037/h0099852
  • Farnsworth, J. K., Drescher, K. D., Nieuwsma, J. A., Walser, R. B., & Currier, J. M. (2014). The role of moral emotions in military trauma: Implications for the study and treatment of moral injury. Review of General Psychology, 18(4), 249-262, https://doi.org/10.1037/gpr0000018
  • Greenberg, N., Docherty, M., Gnanapragasam, S., & Wessely S. (2020). Managing mental health challenges faced by healthcare workers during covid-19 pandemic. British Medical Journal;368:m1211 doi: 10.1136/bmj.m1211
  • Litz, B. T., Stein, N., Delaney, E., Lebowitz, L., Nash, W. P., Silva , C., & Maguen, S. (2009). Moral injury and moral repair in war veterans: A preliminary model and intervention strategy. Clinical Psychology Review ;29(8):695–706.

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Autore dell’articolo

Dott. Francesco Bulli

Psicologo e Psicoterapeuta. Svolge attività clinica libero-professionale presso l’Istituto IPSICO di Firenze. Psicologo all’interno del progetto ANIA Cares, pronto soccorso psicologico rivolto alle vittime di incidenti stradali e ai loro familiari. Socio ordinario di CBT-Italia, dell’Associazione EMDR Italia e dell’Associazione Italiana Disturbo Ossessivo-Compulsivo (AIDOC). Si occupa di psicotraumatologia e disturbi dissociativi, oltre che di disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi della personalità. Curatore del volume “Mindfulness & Acceptance in Psicoterapia. La terza generazione della Terapia Cognitivo-Comportamentale”. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali e internazionali nel campo della psicologia clinica, della psicologia sperimentale, della psiconcologia, oltre che delle cure palliative. Profilo linkedin

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