I processi di pensiero ripetitivi si collocano solitamente a valle rispetto ad altri fattori più strutturali, come ad esempio gli schemi maladattivi (circuiti neuronali costituiti da emozioni, ricordi, cognizioni dolorosi) che incidono nella psicopatologia di un soggetto.
Non vanno però sottovalutati, in quanto diventano fattori di mantenimento spesso importanti per varie problematiche e spesso ostacolano il trattamento.
In terapia, infatti, si può lavorare sull’origine e sulla parte finale del processo psicopatologico. Le strutture iniziali, appunto, come gli schemi, si attivano e causano una sofferenza che viene gestita attraverso le “vie finali” (i pensieri ripetitivi). Queste sono utilizzate proprio come strategie di coping, per gestire il dolore emotivo. Tali strategie sono però disfunzionali e possono anche diventare dei veri e propri sintomi.
Processi cognitivi perseveranti: i pensieri ripetitivi
Possiamo quindi definire questi pensieri ripetitivi come pensieri cognitivi perseveranti, ossia processi cognitivo/attentivi ricorsivi il cui scopo è solitamente regolare stati emotivi dolorosi o aumentare il benessere.
In realtà tali strategie aumentano le emozioni spiacevoli e le immagini disfunzionali di sé.
Sono quindi strategie di coping invisibili (covert), che producono sintomi. Ad esempio, prima di un’abbuffata è probabile che la persona abbia rimuginato: rimuginando aumenta lo stato di attivazione emotiva (ad esempio ansia) che deve poi essere gestita trmite l’abbuffata per regolarsi.
Il numero di questi processi cognitivi perseverativi è limitato. Di seguito le tipologie e in dettaglio la descrizione di ognuno di esse.
Ruminazione
Ruminare implica valutare ciò che è accaduto nel passato o ciò che sta accadendo nel presente, come se fosse una sorta di riflessione, anche se si tratta di una rivalutazione negativa di ciò che è accaduto o appena accaduto in modo ricorsivo.
Produce sempre un abbassamento dell’umore, tanto che lo ritroviamo nella forma più pura nei disturbi depressivi.
Vi sono diversi sottotipi quali: la ruminazione depressiva, contro fattuale, rabbiosa, autocritica, interpersonale (incentrata su eventi interpersonali negativi).
Spesso la troviamo sotto forma di domande (“perché sono arrivato a questo punto?E se avessi fatto in un altro modo?”).
Rimuginio
La rimuginazione implica un’anticipazione ansiosa di scenari negativi.
È rivolta verso il futuro ed è caratterizzata da frasi come “e se poi…”. Si trova spesso nel disturbo d’ansia generalizzato (DAG), e quando ha un contenuto interpersonale può caratterizzare i disturbi evitante, dipendente, paranoico e borderline di personalità.
È l’anticipazione ansiosa che aspetti relazionali o situazionali andranno male.
Monitoraggio della minaccia
Il monitoraggio della minaccia (tipico del disturbo di panico e del disturbo d’ansia generalizzato) è una strategia di tipo attentivo che porta a bias confermatori in quanto, se la persona inizia a monitorare si soffermerà in modo selettivo su ciò che cerca.
Spesso viene utilizzata nel monitoraggio degli stati sensoriali con conseguente amplificazione somatosensoriale: ad esempio, una persona che teme un attacco di panico, se inizia a scandagliare il proprio corpo, è molto probabile che troverà delle alterazione fisiologiche che interpreterà come conferma dei suoi timori.
Quando è interpersonale si caratterizza per un’ipervigilanza verso i segnali interpersonali di pericolo. Si monitorano i discorsi, i segnali non verbali e le dinamiche interpersonali per confermare l’idea, solitamente negativa, che pensiamo l’altro abbia di noi.
Maladaprive dreaming
Un altro tipo di pensiero ripetitivo è il maladaptive daydreaming, caratterizzato da fantasticherie compensatorie facilmente riconducibili alla vita dell’individuo, che sostituiscono l’interazione umana e/o interferiscono con il funzionamento interpersonale o professionale.
È una forma eccessiva di “sogno ad occhi aperti”, che produce un’esperienza gratificante basata su una fantasia di una realtà parallela. Questa modalità di pensiero necessita di tempo e solitudine per potersi immergere a pieno.
Assolve alla funzione di ridurre lo stress e il dolore, mediante il miglioramento dell’umore; garantisce una sorta di compagnia e intimità.
A livello interpersonale i temi sono a carattere compensatorio: violenza sull’altro, idealizzazione del sé (competenza, riconoscimento sociale), potere e controllo, salvataggio e fuga e sessualità.
Perché questi processi si mantengono nonostante la sofferenza che portano
Nonostante le evidenti conseguenze negative queste modalità di coping vengono mantenute dalle persone a causa dei seguenti fattori di mantenimento:
- le metacredenze sui pensieri ripetitivi. L’individuo ha delle credenze riguardo l’utilità o la pericolosità del portare avanti questi processi di pensiero. Le metacredenze positive riguardano, ad esempio, l’idea che continuare a pensare a una cosa possa aiutare ad essere preparati per il futuro (come per il rimuginio). Chi ha metacredenze negative ritiene che questa modalità di pensiero sia incontrollabile e quindi non può farci nulla, lasciandosi travolgere.
- I pensieri ripetitivi assolvono allo scopo di limitare il dolore o aumentare il benessere, e quindi vengono mantenuti a discapito della cronica situazione di sofferenza che causano.
- Molte persone non si rendono conto che sono tali pensieri ripetitivi a determinare buona parte del dolore provato in una situazione. Ad esempio se mi lascia il fidanzato, in parte starò male per questa perdita, ma in parte soffrirò perché continuo a ruminarci.
Quindi sospendere queste strategie disfunzionali ha un costo, ed è per questo che sono difficilmente abbandonabili.
Ad esempio, se credo di avere una malattia, non pensarci mi porterebbe ad avere una forte attivazione legata al timore di essere vulnerabile (ossia uno schema maladattivo).
Possibili trattamenti
Gli approcci di terza generazione dell’approccio cognitivo comportamentale si sono molto concentrati sullo spostare il lavoro terapeutico dal contenuto al processo.
Tra gli altri Wells (2018) con la sua terapia metacognitiva (Metacognitive Therapy, MCT) il cui focus di intervento sarà centrato sui processi cognitivi disfunzionali e sulle metacognizioni e quindi sul modo in cui la persona reagisce ai contenuti cognitivi.
Anche l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy, Harris, 2011) sposta l’attenzione al processo, fornendo strategie utili per assumente un atteggiamento accettante verso gli stati dolorosi spiacevoli e perseguire i propri valori.
La Terapia Metacognitiva Interpersonale (Dimaggio et al., 2019) integra nel proprio approccio una parte di lavoro volta allo sviluppare un atteggiamento sano di osservazione dei propri pensieri/immagini dolorose al fine di interrompere i pensieri ripetitivi che mantengono la psicopatologia.
Scopi degli interventi
Entrando maggiormente nello specifico per lavorare sui processi cognitivi ripetitivi è fondamentale iniziare con l’identificare il set di strategie di coping che usa il paziente per gestire lo stato doloroso (cosa ha fatto in risposta a quello stato mentale doloroso?). Sempre prestando attenzione alle condotte covert e cognitive, identificandone la gerarchia temporale con le quali vengono messe in atto: ad esempio, il paziente prima rimugina e poi utilizza l’abbuffata o viceversa?.
In secondo luogo è importante comprendere quali siano gli scopi sottostanti l’uso di queste strategie cognitive ripetitive e le conseguenze del metterle in pratica. Ad esempio, in un paziente con dipendenza affettiva, pensare in modo desiderante al partner l’aiuta ad uscire da un vuoto devitalizzato intollerabile, ma la conseguenza di tale modalità di pensiero è però il craving, ossia un desiderio irrefrenabile di sentirlo/vederlo.
O ancora, la persona con un profondo senso di inadeguatezza ogni volta che sente la possibile critica può utilizzare la ruminazione, per rassicurarsi sul fatto che nessuno l’abbia veramente giudicato (prima di iniziare a rimuginare quale era l’immagine di lei in quel momento?In quel momento di cosa aveva bisogno la tua mente? Qual è la prima cosa che fa la sua mente? Se in quel momento decide di non trattare quello stato mentale, la mente come si comporta? È a costo zero?).
Una volta compreso questo, l’obiettivo è aumentare la consapevolezza sul desiderio del mettere in atto il pensiero ripetitivo, fermarsi per creare uno spazio per riflettere su cosa sta accadendo nella propria mente, regolare l’attivazione emotiva e non “fare niente”, ma assumere una posizione di osservatore dell’immagine/pensiero doloroso, senza “farsi trascinare dentro”, grazie all’uso di tecniche specifiche.
Infine, contattare qualità di sé sane in grado di affrontare l’immagine/pensiero doloroso, senza che quindi sia più necessario l’utilizzo del pensiero ripetitivo. Ossia una parte che sente le emozioni, ma vi rimane a contatto e non necessita di comportamenti disfunzionali per gestire il dolore.
Quale sia l’approccio utilizzato ciò che sembra comune per il trattamento è che sembra essere fondamentale non il “cosa” pensiamo, cioè il contenuto del pensiero, ma il “come” pensiamo a noi stessi, agli eventi e alla realtà intorno a noi, e quindi lavorare per intervenire su questo.
BIOGRAFIA
- Dimaggio G., Ottavi, P., Popolo, R., Salvatore, G. (2019). Corpo, immaginazione e cambiamento. Terapia metacognitiva interpersonale. Raffaello Cortina Editore.
- Harris, R. (2011). Fare act. Una guida pratica per professionisti all’Acceptance and Commitment Therapy. Franco Angeli.
- Wahl, K., Ehring, T., Kley., H, Lieb, R, Meyer, A., Kardon, A., Heizel, C., V, Mazanec, M., Schonfeld, S., (2019). Is repetitive negative thinking a transdiagnostic process? A comparison of key processes of RNT in depression, generalized anxiety disorder, obsessive-compulsive disorder, and community controls. Journal of behavior therapy and experimental psychiatry. 64, 45–53.
- Wells, A. (2018). Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. Erickson, Trento.