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Conseguenze psicologiche del Coronavirus

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Le organizzazioni governative e della salute, ormai da mesi, ci informano costantemente sulle misure preventive da attuare contro l’avanzamento del COVID-19. Anche adesso che fortunatamente i contagi si mantengono in calo e la nostra vita pare essere ritornata ad una pseudo normalità.

Ciò su cui non ci si è forse soffermati abbastanza sono probabilmente le conseguenze psicologiche che questo periodo di pandemia e successivo isolamento sociale può avere avuto o avere attualmente sulle persone. Infatti, fattori come l’isolamento sociale, la reclusione in casa e il peso dell’incertezza generale, possono adesso colpire duramente il nostro equilibrio mentale.

Esiste anche un’altra variabile a cui forse non è stata prestata sufficiente attenzione. Nel nostro paese, sono migliaia le persone affette da depressione o disturbi d’ansia che si trovano adesso in una situazione di potenziale peggioramento del proprio stato.

È quindi fondamentale offrire loro aiuto e strategie di sostegno, per farli sentire accompagnati anche adesso che, per tutti, il pericolo è scampato. Questo anche nell’ottica di non farli sentire soli o “sbagliati” rispetto alle preoccupazioni che presentano.

Gli studi scientifici

La rivista scientifica The Lancet, non molto tempo fa, ha pubblicato uno studio sull’impatto psicologico del Coronavirus. Lo ha messo in relazione ad altre situazioni simili del passato (seppur non con lo stesso impatto). Una fra tutte è stata la quarantena messa in atto in varie zone della Cina a seguito dell’epidemia da SARS del 2003.

In quella situazione, la popolazione fu costretta a rimanere in quarantena per dieci giorni, periodo che è servito agli psicologi locali per analizzare l’effetto di questo genere di emergenza.

Grazie ai dati raccolti, all’osservazione e al confronto di quanto si è verificato durante l’isolamento e di ciò che stiamo vivendo adesso, è stato possibile riconoscere le conseguenze psicologiche principali del Coronavirus e analizzarle nelle persone.

Gli effetti della quarantena

Per cominciare, sappiamo bene come una delle misure che i governi hanno attuato per prevenire la diffusione del Coronavirus e per superare la malattia (quando i sintomi sono lievi), è quella della quarantena. Questa implica il totale isolamento per una durata di almeno 15 giorni.

Le ricercatrici che hanno portato a termine lo studio sono giunte alla conclusione che superati i dieci giorni di isolamento totale la mente inizia a cedere. Dall’undicesimo giorno compaiono stress, nervosismo, ansia maggiore. Avendo avuto in molti casi reclusioni molto più prolungate, è facile immaginare come gli effetti siano potuti essere ancor più difficili da gestire per la maggior parte della popolazione.

La paura ossessiva di contaminazione

Entrando invece più nello specifico della clinica, una delle conseguenze psicologiche più evidenti del COVID-19 è tuttora per molte persone la paura di essere infettati o di poter infettare gli altri senza saperlo.

E’ importante sottolineare che, quando una situazione di epidemia o pandemia si espande, la mente umana tende a sviluppare delle paure irrazionali. Spesso non basta che prestiamo ascolto alle fonti informative affidabili, né che siamo a conoscenza delle misure di sicurezza semplici e necessarie. Ad esempio, lavarsi le mani, mantenere il metro di distanza, rimanere a casa se si ha qualche linea di febbre o sintomi specifici.

Pian piano è possibile aver sviluppato paure sempre più infondate, come il timore irrazionale che l’infezione possa provenire dagli alimenti che mangiamo, oppure che possa essere trasmessa dai nostri animali domestici. Ciò può aver scatenato veri e propri sintomi ossessivo-compulsivi.

I sintomi depressivi

In un contesto in cui l’interazione sociale è stata ridotta al limite per settimane o per mesi, dove regnava il silenzio nelle strade normalmente rumorose e affollate e siamo stati costretti a stare chiusi in casa, è ovvio come noia e frustrazione siano stati ben presenti nelle nostre giornate.

L’incapacità di mantenere il nostro stile di vita e la nostra libertà di movimento (sia fisica che mentale) ha fatto precipitare molte persone verso un baratro di emozioni complesse e problematiche. In certi casi questo può aver scatenato o slatentizzato dei veri e propri sintomi di tipo depressivo.

Altri sintomi psicopatologici

Ancora, nel contesto di pandemia in cui ci siamo trovati catapultati (la maggior parte di noi per la prima volta nel corso della propria vita) la mente tende ad agire seguendo pochi impulsi naturali. Una delle conseguenze di ciò, per alcuni è stato l’acquisto o shopping compulsivo. In uno scenario incerto come quello delle prime settimane di emergenza, il nostro cervello si era concentrato sulla priorità di non rimanere senza i beni fondamentali per la sopravvivenza.

Anche in questo caso, non importava che i nostri supermercati fossero sempre ben riforniti e che le autorità si raccomandassero di non fare razzie nei negozi o che le farmacie risultassero sempre ben rifornite. La mente di molti di noi ci ha portato a credere che determinati beni potessero finire e ci ha quindi spinto a fare scorte esagerate e immotivate.

Tra le conseguenze psicologiche più importanti di questo periodo c’è anche la perdita di fiducia nei confronti delle fonti ufficiali di informazione. Per molte persone, nel momento massimo di crisi, la mente si è disconnessa e ha perso fiducia. Anche aiutata dal fatto che, essendo il COVID-19 un virus del tutto sconosciuto, come lo era la SARS ai suoi tempi, le autorità hanno risposto sulla base dei progressi e degli eventi registrati giorno per giorno.

Il rischio maggiore per le persone psicologicamente vulnerabili

Come dicevamo all’inizio, e forse è questa la conseguenza che dobbiamo tenere più presente. La popolazione più vulnerabile è composta da quelle persone che già prima della comparsa del virus presentavano quadri più o meno importanti di depressione, fobie, ansia generalizzata, disturbi ossessivo-compulsivi.

Il periodo di isolamento, il bombardamento mediatico e le continue restrizioni alla vita normale a cui erano abituati, possono senza dubbi aver aggravato le loro condizioni di salute psicologica. Possono inoltre aver avuto diversi tipi di effetti collaterali, per loro e anche per i loro familiari, conviventi e conoscenti.

Alla luce di ciò, è di vitale importanza che anche adesso che i contagi sono sotto controllo e tendiamo ad abbassare la guardia, si sentano supportate e che non trascorrano troppo tempo isolate con i propri disagi.

Conclusione

Per concludere, c’è un fattore evidentemente che accomuna tutti noi in questo periodo di post pandemia. E’ un fattore pericoloso, che può impattare negativamente sulla salute mentale di noi tutti e in particolar modo su quella di chi già precedentemente soffriva di qualche disagio o disturbo psicologico. Ovvero il cosiddetto pensiero catastrofico.

Si tratta della tendenza ad anticipare sempre il peggio, quella vocina che ci sussurra che perderemo il lavoro, che le cose non torneranno come prima, che finiremo in ospedale, che qualche persona a noi cara non ce la farà, che l’economia crollerà, che non ci saranno vie di uscita alla situazione, ecc.

Ovviamente, anziché aiutare, questi pensieri non fanno altro che complicare la realtà che stiamo vivendo. La rendono più faticosa e sicuramente meno piacevole o rassicurante.

Pur continuando quindi ad attenerci alle regole imposte dalle autorità in merito alla prevenzione del virus, non dimentichiamo di prenderci cura anche della nostra salute psicologica. Cerchiamo di confrontarci con specialisti che possano aiutarci ad affrontare meglio gli effetti negativi di un periodo difficile per tutti.

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Articolo del 22/07/2020 Contrassegnato con: ansia, coronavirus, depressione, disturbo ossessivo compulsivo

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Eleonora Stopani

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Lavora presso l'Istituto IPSICO di Firenze. Docente interno e supervisore della Scuola Quadriennale di Specializzazione in Psicoterapia. Si occupa primariamente di disturbi dell'umore (in particolare di depressione post-partum), di disturbo ossessivo-compulsivo e di altri disturbi dello spettro ansioso. Ha pubblicato vari articoli scientifici su tali argomenti. Dopo varie collaborazioni con l'Università di Firenze e la ASL Centro (Firenze), attualmente è consulente di alcune associazioni per le quali si occupa di psiconcologia, terapia della dignità nel fine vita, aspetti psicologici ed emotivi della difesa personale, bullismo e violenza tra minori.

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