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Fobie: sintomi e cura

Fobie

Fobia degli aghi, fobia degli uccelli, fobia dei cani, fobia degli insetti, fobia del vomito, fobia dei gatti, ecc.

La fobia è una paura marcata e persistente con caratteristiche peculiari:

  • è sproporzionata rispetto al reale pericolo dell’oggetto o della situazione;
  • non può essere controllata con spiegazioni razionali, dimostrazioni e ragionamenti;
  • supera la capacità di controllo volontario che il soggetto è in grado di mettere in atto;
  • produce l’evitamento sistematico della situazione-stimolo temuta;
  • permane per un periodo prolungato di tempo senza risolversi o attenuarsi;
  • comporta un certo grado di disadattamento per l’interessato;
  • l’individuo riconosce che la paura è irragionevole e che non è dovuta ad effettiva pericolosità dell’oggetto, attività o situazione temuta.

La fobia è dunque una paura estrema, irrazionale e sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia e con cui gli altri si confrontano senza particolari tormenti psicologici. Chi ne soffre, infatti, è sopraffatto dal terrore all’idea di venire a contatto magari con un animale innocuo come un ragno o una lucertola, o di fronte alla prospettiva di compiere un’azione che lascia indifferenti la maggior parte delle persone (ad esempio, il claustrofobico non riesce a prendere l’ascensore o la metropolitana).

Le persone che soffrono di fobie si rendono perfettamente conto dell’irrazionalità della propria paura, ma non possono controllarla.
L’ansia da fobia, o “fobica”, si esprime con sintomi fisiologici come tachicardia, vertigini, extrasistole, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. Con la paura si sta male e si desidera una cosa sola: fuggire! Scappare, d’altra parte, è una strategia di emergenza.

La tendenza ad evitare tutte le situazioni o condizioni che possono essere associate alla paura, sebbene riduca sul momento gli effetti della fobia, in realtà costituisce una micidiale trappola: ogni evitamento, infatti, conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l’evitamento successivo (in termini tecnici si dice che ogni evitamento rinforza negativamente la paura).

Tale spirale di progressivi evitamenti produce l’incremento, non solo della sfiducia nelle proprie risorse, ma anche della reazione fobica della persona, al punto da interferire significativamente con la normale routine dell’individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività o le relazioni sociali. Il disagio diviene così sempre più limitante.

Chi ha la fobia dell’aereo può trovarsi, ad esempio, a rinunciare a molte trasferte, e la cosa diventa imbarazzante se è necessario spostarsi per lavoro. Chi ha paura degli aghi e delle siringhe può rinunciare a controlli medici necessari o privarsi dell’esperienza di una gravidanza. Chi ha paura dei piccioni non attraversa le piazze e non può godersi un caffè seduto ai tavolini di un bar all’aperto e così via.

Tipi di fobie

Quando si parla di fobie ci si riferisce in genere a: fobia dei cani, fobia dei gatti, fobia dei ragni, fobia degli spazi chiusi, fobia degli insetti, fobia dell’aereo, fobia del sangue, fobia delle iniezioni, ecc.

Più precisamente, esistono le fobie generalizzate (agorafobia e fobia sociale), fortemente invalidanti, e le comuni fobie specifiche, generalmente ben gestite dai soggetti evitando gli stimoli temuti, che si classificano così:

  • Tipo animali. Fobia dei ragni (aracnofobia), fobia degli uccelli o fobia dei piccioni (ornitofobia), fobia degli insetti, fobia dei cani (cinofobia), fobia dei gatti (ailurofobia), fobia dei topi, ecc..
  • Tipo ambiente naturale. Fobia dei temporali (brontofobia), fobia delle altezze (acrofobia), fobia del buio (scotofobia), fobia dell’acqua (idrofobia), ecc..
  • Tipo sangue-iniezioni-ferite. Fobia del sangue (emofobia), fobia degli aghi, fobia delle siringhe, ecc.. In generale, se la paura viene provocata dalla vista di sangue o di una ferita o dal ricevere un’iniezione o altre procedure mediche invasive.
  • Tipo situazionale. Nei casi in cui la paura è provocata da una situazione specifica, come trasporti pubblici, tunnel, ponti, ascensori, volare (aviofobia), guidare, oppure luoghi chiusi (claustrofobia o agorafobia).
  • Altro tipo. Nel caso in cui la paura è scatenata da altri stimoli come: il timore o l’evitamento di situazioni che potrebbero portare a soffocare o contrarre una malattia (vedi anche disturbo ossessivo-compulsivo e ipocondria), ecc. Una forma particolare di fobia riguarda il proprio corpo o una parte di esso, che la persona vede come orrende, inguardabili, ripugnanti (dismorfofobia).

E’ importante chiarire che il tipo di fobia da cui si è affetti non ha alcun significato simbolico inconscio, come invece viene suggerito da alcuni psicoanalisti, e la paura specifica è legata unicamente ad esperienze di apprendimento errato involontario (non necessariamente ricordate dal soggetto), per cui l’organismo associa involontariamente pericolosità ad un oggetto o situazione oggettivamente non pericolosa.

Si tratta, in sostanza, di un processo di cosiddetto “condizionamento classico”. Tale condizionamento si mantiene inalterato nel tempo a causa dello spontaneo evitamento sistematico che i soggetti fobici mettono in atto rispetto alla situazione temuta.

Fobie cura

Il trattamento delle fobie è relativamente semplice, se non complicato da altri disturbi psicologici, e prevede primariamente un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale di breve durata (spesso entro i 3-4 mesi).

La cura delle fobie, dopo un periodo di valutazione del caso che si esaurisce in genere nell’arco del primo mese, passa necessariamente attraverso l’utilizzo delle tecniche di esposizione graduata agli stimoli temuti.

Il paziente viene avvicinato in modo molto progressivo agli stimoli che innescano la paura, partendo da quelli più lontani dall’oggetto o situazione centrale (es. l’immagine di una siringa nuova per un fobico degli aghi o una scatoletta di mangime per un fobico dei cani). Il contatto con tali stimoli viene mantenuto finché inevitabilmente non subentra l’abitudine ed essi non generano più ansia. Solo a tal punto si procede all’esposizione ad uno stimolo leggermente più ansiogeno, in una gerarchia accuratamente preparata in seduta a priori. In questo modo, nell’arco di poche settimane, si riesce a salire sulla gerarchia fino ad arrivare a esposizioni molto più forti, senza suscitare mai troppa ansia nel soggetto e ripetendo ogni esercizio finché non è diventato “neutro”.

Tale procedura può spaventare molto le persone che soffrono di una fobia, poiché implica affrontare vis a vis l’oggetto o situazione temuta, ma se ben effettuata, con l’aiuto di un terapeuta esperto, è assolutamente applicabile e garantisce un successo nel 90-95% dei casi nella cura della fobia.

In alcuni casi, per rendere più efficace il metodo, si insegnano al paziente strategie di rilassamento fisiologico e lo si invita ad utilizzarle poco prima di esporsi agli stimoli ansiogeni, in modo da facilitare la creazione di un nuovo condizionamento, in cui l’organismo associ rilassamento, anziché ansia, a tali stimoli.

Nel caso di fobie invalidanti è molto diffuso l’uso di farmaci ansiolitici “al bisogno”, per gestire l’ansia dovendo fronteggiare necessariamente certe situazioni temute (es. prima di prendere l’aereo). Tale strategia consente di sopravvivere all’evento, ma non ottiene altro che l’effetto di rafforzare la fobia. Più utili, eventualmente, anche se non paragonabili e indubbiamente meno efficaci delle tecniche cognitivo comportamentali, possono essere delle adeguate e prolungate terapie a base di antidepressivi SSRI, sotto attenta valutazione medica.

  • Claustrofobia
  • Agorafobia
  • Paura di volare
  • Paura di guidare
  • Fobia degli aghi
  • Fobia sociale
  • Ansia e disturbi d’ansia

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Articolo del 30/10/2013 Contrassegnato con: ansia, disturbi d'ansia, paura

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Autore dell’articolo

Dott. Federico Betti

Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, perfezionato in Problemi e Patologie Alcol-Correlate presso Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, terapeuta EMDR. Svolge attività clinica libero-professionale presso l’Istituto IPSICO di Firenze. Socio CBT-Italia e dell’Associazione per l’EMDR in Italia. Membro del comitato scientifico dell’ Associazione Plesso-Lesi Italiana (APLI). Attualmente si occupa di problematiche legate ai disturbi di panico e d’ansia, alle dipendenze ed al trauma.

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