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Depressione e allattamento al seno

depressione e allattamento

In base ai risultati di un recente studio su ben 14.000 neomamme, condotto da un team dell’Università di Cambridge e pubblicato sulla rivista Maternal and Child Health, l’allattamento al seno ridurrebbe del 50% il rischio di depressione post-partum.

In particolar modo, quelle donne che desiderano allattare ma per qualche motivo non possono farlo hanno un rischio di episodi depressivi ben più che raddoppiato.

I benefici dell’allattamento al seno per i bambini sono ben noti, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo raccomanda per almeno i primi sei mesi, ove possibile. Tuttavia, l’impatto dello stesso sulle madri non era mai stato adeguatamente indagato e lo studio colma un’importante lacuna scientifica e apre un dibattito spinoso.

Se è vero, infatti, che oggigiorno la depressione post-partum viene facilmente individuata e trattata, solitamente con farmaci antidepressivi, purtroppo è altrettanto vero che l’assunzione di tali farmaci obbliga quasi sempre la donna a interrompere l’allattamento.

Sorge quindi spontanea la domanda: ma se interrompere l’allattamento in chi lo desidera ha effetti, come intuibile, alquanto dannosi sull’umore, perché fa sentire la donna un “fallimento” come madre, inadeguata e in colpa, quanto può essere utile somministrare farmaci antidepressivi che obbligano a togliere un fattore protettivo così importante per il benessere psichico delle donne.

Ovviamente i casi vanno valutati uno a uno e non esiste la soluzione che vada bene per tutti, ma è importante sottolineare come oggigiorno vi siano interventi psicoterapeutici di tipo cognitivo comportamentale che possono essere altrettanto efficaci dei farmaci nel contrastare i sintomi depressivi e che non hanno l’effetto collaterale di dover interrompere l’allattamento, con le suddette complicazioni che rendono difficile valutare se siano più i benefici o gli svantaggi della terapia.

D’altra parte, come giustamente suggeriscono gli autori, se le donne che desiderano allattare ma scoprono di non poterlo fare sono così a rischio, è altamente raccomandabile tenerne conto e monitorarne il tono dell’umore per intervenire precocemente ove vi fossero segnali di depressione in atto, possibilmente con strategie non farmacologiche.

È facile ipotizzare, infatti, che in questi casi il calo del tono dell’umore sia associato a catene di pensieri negativi e autocritici, a sensazioni ingiustificate di fallimento personale, come se una madre che non può allattare non fosse una “buona” madre o fosse inferiore alle altre, che possono essere agevolmente individuati e contrastati con strategie di tipo cognitivo comportamentale.

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Contrassegnato con: depressione, disturbi dell'umore, psicofarmaci

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Autore dell’articolo

Dott. Gabriele Melli

Psicologo, Psicoterapeuta. Presidente dell’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva (IPSICO, Firenze). Presidente dell’Associazione Italiana Disturbo Ossessivo-Compulsivo (AIDOC). Si occupa primariamente di disturbi ossessivo-compulsivi, ansia per la salute (ipocondria), ansia e attacchi di panico, disturbi di personalità. Docente presso numerose Scuole di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale. Autore/coautore di 3 libri e di oltre 80 tra articoli su riviste internazionali e nazionali, presentazioni e poster a convegni e congressi; curatore della traduzione di 6 volumi scientifici. Profilo linkedin

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