Tra i giovani è boom di consumo di “energy drink”, le bibite nate per migliorare le prestazioni sportive degli atleti, che in una lattina contengono tanta caffeina quanto varie tazze di caffè espresso.
Ogni anno ne vengono venduti circa 70 milioni di pezzi ed i consumatori sono raddoppiati nell’ultimo anno. Secondo gli ultimi dati dell’Esfa (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare), in Europa il 68% degli under 18 ricorre a queste bevande ed il 12% ne è dipendente.
La maggior parte degli adolescenti le assume in modalità “binge drinking”, cioè senza limiti ed insieme ad alcolici vari, secondo una moda fin troppo “facilona”.
Anche in Italia si assiste a questo inarrestabile successo, circa uno su tre li beve abitualmente: sono soprattutto maschi, stimati in una percentuale doppia rispetto alle femmine. Non tutti gli italiani li apprezzano allo stesso modo, la regione dove se ne consumano di più è il Trentino Alto Adige, seguito da Veneto, Abruzzo e Sicilia. In effetti, reperirle è facile: si possono ottenere nei negozi di generi alimentari, ma anche nei distributori automatici un po’ ovunque.
Ultimamente, poi, sono state messe in commercio ulteriori alternative e formati condensati: gomme da masticare, sciroppi, compresse effervescenti. La tendenza va verso un consumo quotidiano, diurno, anche tra gli adulti, quasi a soppiantare la classica tazzina di caffè espresso.
Il dottor Emanuele Scafato, presidente della Società italiana di Alcologia e vicepresidente della Federazione europea delle società di studio sulle Dipendenze, afferma: “Si tratta di un rituale, si passa dall’aperitivo ai superalcolici e si finisce con la bevanda energetica, illudendosi che rimetta in sesto dopo una sbornia; in più, i ragazzi non sanno che si tratta di prodotti potenzialmente pericolosi, ma li prendono come un integratore che, al bisogno, tira su”.
Il problema maggiore è dato dal mix di “energy-drink” ed alcol, perchè la caffeina riduce il senso di ubriachezza e, quindi, l’individuo può non accorgersi di esser ubriaco e non percepire di esser arrivato al limite, proseguendo così il consumo; il rischio è la perdita di consapevolezza delle proprie azioni (esempio, mettersi alla guida in condizioni precarie).
L’euforia, inoltre, porta a non provare più alcuna paura, spingendo anche a commettere atti molto pericolosi ed estremi, per la sensazione di invulnerabilità.
Per quanto riguarda gli effetti, alcuni studi dell’Università di Yale hanno dimostrato che deficit di attenzione ed iperattività aumentano del 68% tra coloro che ne fanno uso, insieme ad ansia, vertigini, tachicardia, insonnia, tremori; Scafato, infatti, aggiunge: “Il problema non è solo la caffeina, le lattine contengono anche taurina, ginseng e guaranà, tutti stimolanti che in grandi quantità favoriscono l’insorgenza di problemi cardiovascolari, pressione alta, aritmie e, in soggetti predisposti, slatentizzano disturbi cardiaci severi”.
Infatti, la maggior parte degli ingredienti non sono di per sé dannosi, ma possono diventare pericolosi se assunti a dosi elevate e, secondo gli esperti, portare ad una vera e propria dipendenza: es. l’aminoacido taurina, il glucoronolattone, che stimola la memoria e la concentrazione, e l’inositolo, una vitamina che migliora l’umore e stimola il cervello a usare meglio la serotonina, con un meccanismo simile a quello di molti farmaci antidepressivi.
Secondo i nutrizionisti dovrebbero essere consumate solo in particolari occasioni: esempio, prima di uno sforzo fisico impegnativo o di una prova sportiva importante, associandole sempre con molta acqua durante l’intenso esercizio fisico, per evitare il rischio di disidratazione.
Concedersi occasionalmente un “energy drink” non è da condannare in assoluto, con una dieta bilanciata e una corretta attività fisica, l’eccezione ci può stare, a patto che non diventi una abitudine.
Visto che i giovani ne sono i maggiori consumatori, le aziende si rivolgono a loro con pubblicità e marketing ad hoc: il messaggio che vogliono far passare è che, così, aumenteranno le loro performances fisiche e mentali, molto convincente in un’età in cui le relazioni sociali sono al centro dell’esistenza e dei pensieri, mentre si rifuggono timidezza ed impopolarità considerate i peggiori difetti.
E’ un invito a superare i propri limiti (“Mettere le ali”) ed i divieti. La strategia messa in atto è interessante: spesso il principale canale di comunicazione non è la tv, o la stampa, ma la presenza costante del prodotto negli eventi frequentati dai giovani (es. concerti, manifestazioni sportive o studentesche, ecc.), sfruttando così il potere di convincimento dei coetanei stessi, reclutando ragazzi nel ruolo di ambasciatori e/o promotori, oppure personalizzando oggetti di culto, come una famosa auto.
Per contrastarne l’abuso, come succede già per gli alcolici, adesso si cerca di invitare ad un consumo moderato, in attesa di norme europee che prevedano sulle etichette scritte come “Tenore elevato di caffeina”, “Sconsigliato ai minori ed alle donne in gravidanza”, ecc. non ancora presenti sulle confezioni; c’è chi chiede anche di aggiungere il possibile rischio cardiovascolare, dopo che in Francia ed in USA sono avvenuti decessi (5 casi noti dal 2009 al 2012) legati a complicanze per mix di alcol ed energy drink: studi scientifici, infatti, hanno evidenziato conseguenze come infarto ed il colpo apoplettico.
Inoltre, sarebbe utile vietare tutte quelle pubblicità che prevedono immagini di minori e veicolano messaggi che suggeriscono un incredibile aumento di performances, successo sociale e/o sessuale, visto che gli assuntori sperano proprio nel raggiungimento di un’immagine vincente, sia a livello di prestanza fisica che mentale, emulando i modelli che imperversano sul web ed in TV.
Meno grave, ma comunque rilevante, è la “sola” dipendenza da bevande a base di cola, soprattutto nella versione light, che si può considerare un aspetto correlato al precedente. Darren Jones, 38enne inglese, confessa in un’intervista al quotidiano “Daily Mail” di consumarne circa 18 lattine al giorno e di arrivare a 42 litri alla settimana; se non riesce a procurarsi la sua “dose” quotidiana, sta male, va in astinenza, diventa irascibile e di umore instabile.
Il suo problema sarebbe peggiorato soprattutto nel corso degli ultimi 10 anni, tanto che non programma neppure di uscire di casa senza avere una scorta di lattine appresso. “Non bevo nient’altro – confessa– e se non ho le mie bottiglie, la mia famiglia dice che avermi attorno diventa un incubo”.
Certamente, anche la bibita più nota al mondo, venduta ovunque in “formati convenienza” sempre più grandi, in dosi massicce è dannosa in quanto contiene moltissimi zuccheri (circa 24 cucchiai di zucchero in un litro), i quali aumentano esponenzialmente il rischio di insorgenza di malattie come il diabete di tipo 2 e l’obesità, ormai riconosciute come spesso mortali.
Recentemente è stata diffusa la notizia che l’attrice Demi Moore sarebbe vittima proprio della dipendenza da bevande energetiche e cola light, che userebbe come sostituto dei pasti, per non ingrassare e “tenersi su” in momenti particolarmente difficili e/o stressanti.
Per quanto riguarda la terapia psicologica, questa si basa, in linea generale, sugli stessi principi che regolano la psicoterapia mirata a superare anche le altre tipologie di dipendenza da sostanze, sia legali che illegali.
E’ necessario, innanzitutto, che il soggetto sia motivato al cambiamento del suo stile di vita disadattivo, accetti e comprenda di aver un problema e decida di intraprendere un percorso seguito da un terapeuta, durante il quale apprenderà modalità di comportamento alternative e più corrette, ed a gestire eventuali momenti critici e/o ricadute.
La psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale è considerata la più adatta per questo tipo di disturbi, sia in termini di tempistica che, soprattutto, di efficacia dimostrata.