Quando si parla di stanchezza cronica si riferisce a una spossatezza molto grave, sia mentale che fisica, che si determina anche con uno sforzo fisico minimo e che differisce dalla sonnolenza e dalla mancanza di motivazione.
La stanchezza cronica è una situazione che può accompagnarsi a svariate situazioni sia fisiologiche che patologiche. E’ normale essere affaticati dopo un intenso sforzo fisico o psichico, anche se la qualità della stanchezza nei due casi è diversa. Ma è normale nella misura in cui la persona riesce a recuperare spontaneamente e pienamente la situazione di benessere che precedeva l’episodio “affaticante”. Il recupero, quindi, perché la stanchezza sia considerata normale, deve essere completo e raggiunto in tempi rapidi: si può parlare, in questo caso, di forma “acuta” di stanchezza e non di stanchezza cronica.
L’accumulo della stanchezza nel tempo è invece segno di cronicizzazione. Per essere considerata stanchezza cronica e patologica, questa deve essere percepita dal paziente come inusuale o anormale, del tutto sproporzionata rispetto al grado di esercizio o di attività della persona, e non in grado di regredire né con il riposo né con il sonno.
Fondamentalmente, si possono osservare due situazioni paradigmatiche. In un primo caso, probabilmente il più comune, l’accumulo della stanchezza è il segno della cronicizzazione della situazione “stressante” che ne è alla base; è la situazione più frequentemente osservata nella forma di stanchezza cronica che si accompagna all’eccesso di stimoli psicofisici. Nel secondo caso, la stanchezza si cronicizza in assenza di un significativo stimolo cronico di tipo fisico o psichico; in questo caso, la “stanchezza” diventa a pieno titolo il sintomo di una malattia che va sempre attentamente indagata (ipotiroidismo, epatite B o C cronica, tumori).
Se si esclude l’esistenza di condizioni mediche patologiche, la stanchezza cronica può essere un sintomo associato a fibromialgia, stress, sindromi ansiose e depressive, anoressia nervosa, abuso di sostanze alcoliche. La terapia consigliata, in questi ultimi casi, è un intervento psicoterapeutico mirato di tipo cognitivo-comportamentale.
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