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Omosessualità latente o repressa – mito o realtà?

omosessualità latente

Sempre più spesso, nella pratica clinica, capita di incontrare pazienti che si rivolgono a noi nella speranza di riuscire finalmente a capire quale sia il loro vero orientamento sessuale, dal momento che si trovano assaliti dai dubbi relativi alle proprie preferenze e che non trovano più alcuna sicurezza nelle relazioni e nel tipo di attrazione vissute.

La prima e più importante (per loro) domanda che ci pongono è: “Ma secondo lei, io sono un omossessuale latente?”, “Magari ho una forma di omosessualità repressa?”.

Fin dai tempi degli antichi Greci, infatti, si è affermato il convincimento che in un corpo possano coesistere un desiderio di natura eterosessuale e un desiderio omosessuale. In tempi più recenti, il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, ha affermato che una bisessualità congenita sia presente in tutti gli esseri umani. Anche un altro psicanalista, Georg Groddeck, è del parere che nessun eterosessuale rimuova realmente del tutto i propri desideri omosessuali.

Oggigiorno, soprattutto navigando in Internet, vediamo con quanta facilità venga utilizzata l’espressione “omosessualità latente” oppure “omosessualità repressa” per indicare per lo più un’omosessualità di cui non si ha consapevolezza. Spesso, addirittura, associata erroneamente o confusa con la cosiddetta “omosessualità repressa”, in cui il soggetto decide deliberatamente di negare il proprio orientamento omosessuale, cioè di reprimersi, pur essendone consapevole.

Al contrario, l’omosessualità latente viene proposta come un fenomeno che opererebbe a livello di subconscio, cioè al di sotto dei livelli di coscienza, e che si manifesterebbe attraverso una serie di presunti sintomi. Ciò ingenera confusione e paure in quelle persone che si autoanalizzano e che interpretano come segnali di omosessualità latente (o omosessualità repressa) dei fenomeni che niente hanno a che vedere con le preferenze sessuali.

Questo può accadere a uomini e donne che presentano per periodi più o meno lunghi un calo del desiderio sessuale, delle difficoltà a eccitarsi in presenza di stimoli eterosessuali che in altri momenti avrebbero eccitato, delle difficoltà di erezione maschile o di “frigidità” femminile, ecc. (con un ragionamento del tipo: “Dato che non provo più attrazione per l’altro sesso, o non ne provo più come prima, allora potrei essere un omosessuale latente”).

È il caso, ad esempio, della persona (solitamente con problemi di tipo ossessivo-compulsivo) che si è sempre percepita come eterosessuale, che ha avuto esclusivamente relazioni eterosessuali (magari che è fidanzata o sposata), e che improvvisamente inizia a provare il dubbio ricorrente o la paura di poter avere fantasie o desideri sessuali verso una persona del suo stesso sesso.

La sua reazione iniziale è spesso di disorientamento, paura e soprattutto di negazione; inizia poi un dialogo interiore con se stessa, una sorta di rimuginio più o meno costante, alla ricerca di rassicurazioni riguardo al proprio orientamento sessuale e di spiegazioni alternative a quei fenomeni che sente non appartenerle e che la spaventano. Con il risultato che il dubbio sull’orientamento sessuale, la paura dell’omosessualità repressa, si alimenta e diventa ossessionante e angosciosa.

È molto frequente che le persone che si temono omosessuali latenti abbiano delle idee molto rigide su ciò che è giusto o sbagliato per un eterosessuale, e che quindi siano soggette molto facilmente ad andare in confusione non appena sentono vacillare una sola di queste regole che fanno parte del proprio background (ad es., “Un eterosessuale prova attrazione esclusivamente per le persone dell’altro sesso, quindi non deve provare alcun piacere di fronte a stimoli di natura omosessuale”).

In definitiva è pur vero che nella letteratura (soprattutto psicoanalitica) il concetto di omosessualità latente è stato proposto, sebbene senza alcun riscontro sperimentale, ma è altrettanto vero che esso crea spesso confusione e allarmismo inutile, soprattutto in persone con tendenze ossessive, che vi si agganciano per “giustificare” le proprie paure, interpretando qualunque fenomeno come un segnale di un potenziale orientamento omosessuale inconsapevole.

È consigliabile quindi rivolgersi a degli specialisti che siano in grado di aiutarci a comprendere meglio quale effettivo significato abbiano quei fenomeni che ci portano a considerare la possibilità di essere omosessuali latenti, anziché continuare a navigare su Internet andando a scomodare concetti come questo che hanno scarso valore scientifico e che possono alimentare ansie infondate.

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Contrassegnato con: disturbi d'ansia, omosessualità, ossessione, ossessioni

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Eleonora Stopani

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Lavora presso l'Istituto IPSICO di Firenze. Docente interno e supervisore della Scuola Quadriennale di Specializzazione in Psicoterapia. Si occupa primariamente di disturbi dell'umore (in particolare di depressione post-partum), di disturbo ossessivo-compulsivo e di altri disturbi dello spettro ansioso. Ha pubblicato vari articoli scientifici su tali argomenti. Dopo varie collaborazioni con l'Università di Firenze e la ASL Centro (Firenze), attualmente è consulente di alcune associazioni per le quali si occupa di psiconcologia, terapia della dignità nel fine vita, aspetti psicologici ed emotivi della difesa personale, bullismo e violenza tra minori.

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