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Nevrosi ossessiva: evoluzione nosografica e concettuale

la nevrosi ossessiva

Il termine nevrosi ossessiva, seppur ufficialmente non più in uso nella nosografia psichiatrica attuale, è tuttora utilizzato tra i professionisti della salute mentale e non.

Approfondendone l’evoluzione, si scopre che la diagnosi di Nevrosi Ossessiva ha una lunga storia alle spalle.

Excursus storico

Già nel corso del Diciannovesimo secolo, studiosi come Pinel (1809) ed Esquirol (1838) avevano fornito osservazioni in linea con il concetto di ossessione. Descrivevano pazienti assediati da un numero limitato di contenuti di pensiero, i quali tentavano di affrontare tali rappresentazioni mentali attraverso una lotta fatta di azioni diversive (Magnan, 1893).

Tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, vari autori, in particolare Freud, identificarono un’entità morbosa specifica caratterizzata da cosiddetti “fenomeni ossessivi”. Era distinta dall’isteria di conversione e dalla nevrosi fobica, denominata Nevrosi Ossessiva.

Freud, che ne descrisse la fenomenologia nel suo famoso caso de “L’uomo dei topi” (1909), delineò un quadro caratterizzato da ambivalenza, lotta contro gli “impulsi proibiti”, disperato bisogno di controllo emotivo, ricorrenza di pensiero magico. Gli studi di Freud che ne seguirono portarono a definire la nevrosi ossessiva come connotata da specifici meccanismi di difesa (quali, ad esempio, lo spostamento e la formazione reattiva), blocchi da un punto di vista pulsionale (arresto maturativo e regressione alla fase anale) e la presenza di un super-io sadico.

Alcuni autori, come Kubie (1937), hanno sottolineato le caratteristiche distintive tra la nevrosi ossessiva e la già esistente nevrosi isterica. Osservarono che la fantasia di “sporco” e il “sistema del dovere” prevalgono nella nevrosi ossessiva mentre la fantasia di “dolore” ed il “sistema della paura” prevalgono nell’isteria.

Fu poi Anna Freud nel 1965, presso il Congresso dell’International Psychonalitic Association, a parlare della nevrosi ossessiva ribadendo – da un lato – la centralità dei fattori costituzionali già sostenuti da Freud, ma ponendo – dall’altro – attenzione anche agli elementi familiari. In particolare, le modalità educative e l’indisponibilità materna favorirebbero i meccanismi di difesa e gli arresti nelle fasi di sviluppo psico-sessuale (in questo caso, quella anale).

La nevrosi ossessiva nella nosografia psichiatrica

All’interno della nosografia psichiatrica internazionale la nevrosi ossessiva viene descritta in modo conciso e non specifico sia nella prima che nella seconda Edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-I, 1952; DSM-II, 1968).

A partire dalla terza edizione (DSM III, 1980) viene abbandonata la tradizionale distinzione tra psicosi e nevrosi e il termine nevrosi ossessiva, utilizzato fino agli anni ’80, lascia il posto alla più recente etichetta diagnostica di Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC).

Nella successiva edizione riveduta del manuale (DSM-III-R, 1987) il disturbo viene descritto in modo specifico con precisi criteri diagnostici che considerano separatamente ossessioni e compulsioni e ne evidenziano le reciproche relazioni. Nel DSM-III-R le ossessioni vengono definite come “idee, pensieri, impulsi o immagini persistenti che vengono esperiti almeno inizialmente come intrusivi o senza senso. (…). Il soggetto tenta di ignorare o sopprimere tali pensieri o impulsi o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni”. Le compulsioni vengono definite come “comportamenti ripetitivi, finalizzati e intenzionalmente eseguiti in risposta ad un’ossessione, secondo certe regole ed in modo stereotipato. (…). L’individuo riconosce che il suo comportamento è eccessivo o irragionevole”.

Gli elementi principali di tali definizioni sono dunque: la distinzione dei fenomeni ossessivi e compulsivi; i legami funzionali e la connessione che può intercorrere tra tali fenomeni; la consapevolezza del soggetto circa l’insensatezza o l’eccessività dei sintomi.

Le classificazioni più recenti

Il legame funzionale tra ossessioni e compulsioni sembra ispirare anche il DSM-IV (1994) che sottolinea come il 90% delle compulsioni sia connesso con le ossessioni. Inoltre il DSM-IV e la successiva edizione revisionata (DSM-IV-TR, 2000) propongono la specificazione “con scarso insight”, permettendo di includere nella diagnosi tutti quei casi in cui il soggetto non ha piena consapevolezza dell’eccessività dei sintomi.

Infine la più recente versione del Manuale (DSM-5; 2013) lascia abbastanza invariati i criteri diagnostici del disturbo, ponendo inoltre l’accento sull’utilizzo del termine di “disagio” (più ampio della sola “ansia”) come reazione emotiva indotta dalle ossessioni. Non a caso, nel DSM-5 abbiamo la fuoriuscita del DOC dalla categoria dei disturbi d’ansia, il quale occupa una sua nosografia separata da altre categorie collocandosi all’interno del gruppo “Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati”.

Sul piano della ricerca scientifica, l’ampia mole di studi sul DOC degli ultimi 30-40 anni, ha permesso di identificare ed approfondire le peculiarità degli specifici sottotipi sintomatologici. All’interno del disturbo si trovano infatti una vasta gamma di reazioni emotive (ansia, disgusto, disagio, paura), diversi contenuti mentali di tipo ossessivo ed i relativi legami funzionali con manifestazioni compulsive ben differenti le une dalle altre.

Ne consegue che, anche all’interno dei trattamenti psicoterapici evidence-based, si stanno delineando anche protocolli di intervento sempre più specifici per ogni sottotipo di Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Ciò con lo scopo di aumentare l’efficacia delle terapie rivolte a una problematica che, fin dagli albori della sua identificazione come Nevrosi Ossessiva, è da sempre risultata resistente ai trattamenti e tendenzialmente ostica per i terapeuti.

Bibliografia:

  • American Psychiatric Association (1952). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 1st Edition: DSM-I. Washington, DC: American Psychiatric Association.
  • American Psychiatric Association (1968). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 2nd Edition: DSM-II. Washington, DC: American Psychiatric Association.
  • American Psychiatric Association (1980). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 3rd Edition: DSM-III. Washington, DC: American Psychiatric Association.
  • American Psychiatric Association (1987). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 3rd Revised Edition: DSM-III-R. Washington, DC: American Psychiatric Association.
  • American Psychiatric Association (1994). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 4th Edition: DSM-IV. Washington, DC: American Psychiatric Association.
  • American Psychiatric Association (2000). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders,4th Edition, Text Revision: DSM-IV-TR. Washington, DC: American Psychiatric Association.
  • American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th Edition: DSM-5. American Psychiatric Publishing.
  • Dèttore, D. (2002). Il Disturbo Ossessivo – Compulsivo. McGraw-Hill.
  • Ravizza, L.; Bogetto, F.; Maina G. (1997). Il Disturbo Ossessivo – Compulsivo. Masson.

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Articolo del 11/06/2019 Contrassegnato con: disturbo ossessivo compulsivo, ossessione, ossessioni

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Autore dell’articolo

Dott.ssa Claudia Carraresi

Psicologa e psicoterapeuta. Ha maturato la sua esperienza professionale nel settore psicodiagnostico all’interno di case di cura psichiatriche e Centri di salute mentale ASL. Inoltre ha seguito a lungo progetti di stampo cognitivo-comportamentale rivolti in modo specifico al trattamento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo cronico.
Attualmente opera come psicoterapeuta presso l’ Istituto IPSICO di Firenze e presso il Centro Clinico Verdi a Prato. Si occupa primariamente di disturbi d’ansia, disturbi dello spettro ossessivo e disturbi di personalità.
Presso l’ Istituto IPSICO di Firenze si occupa anche di progetti di ricerca e divulgazione scientifica. E’ membro del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Disturbo Ossessivo-Compulsivo (AIDOC) e socia ordinaria della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) e dell’Associazione EMDR Italia. Profilo linkedin

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